Arriveranno nei prossimi giorni esponenti del Dipartimento di Stato e dell'esercito statunitense, intanto il governo chiederà agli stranieri che vogliono entrare nel Paese attraverso i confini con la Colombia o il Perù di presentare un certificato del casellario giudiziale
Alti funzionari del Dipartimento di Stato e dell'esercito statunitense sono attesi in Ecuador nelle prossime settimane per aiutare Quito a far fronte alla minaccia delle bande di narcotrafficanti. Lo rende noto il dipartimento di stato Usa, aggiungendo inoltre che anche dirigenti delle forze dell'ordine statunitensi si recheranno nel Paese sudamericano per assisterlo nelle indagini penali dopo l'ondata di violenza causata dai cartelli della droga. Intanto l'Ecuador chiederà agli stranieri che vogliono entrare nel Paese attraverso i confini con la Colombia o il Perù di presentare un certificato del casellario giudiziale. Ad annunciarlo è stato il ministero degli Interni, sostenendo che con questa misura si cerca di prevenire e controllare l'ingresso di individui che costituiscono una minaccia o un rischio per l'incolumità pubblica. La misura sarà in vigore finché dureranno i decreti di stato di emergenza e di conflitto armato interno nel Paese, emessi dal presidente Daniel Noboa a seguito dell'ondata di violenza scatenata dalla criminalità organizzata. Saranno esentati i bambini e gli adolescenti accompagnati da un parente.
Narcoboss chiede aiuto al presidente per costituirsi
Fabricio Colón Pico, uno dei due maggiori narcoboss dell'Ecuador evasi dal carcere e artefici del caos nel Paese, ha chiesto aiuto al presidente Daniel Noboa per consegnarsi alle autorità. "Non ho nulla da nascondere, voglio arrendermi, signor presidente", esordisce il leader dei Los Lobos in un video pubblicato sui social. "Sono scappato perché mi avevano detto che mi avrebbero ucciso, la mia vita è in pericolo, per nessun altro motivo", continua Pico, soprannominato 'El Salvaje' (Il Selvaggio). "Capisca, signor presidente: lei garantisce la mia vita, che non mi succederà nulla, e io mi arrendo", conclude il narcotrafficante, evaso il 9 gennaio dal carcere di Riobamba, 216 chilometri a sud di Quito. La risposta di Noboa non è tardata. "I terroristi devono essere trattati da terroristi, noi agiremo con fermezza, il Paese è stanco che i criminali stabiliscano le condizioni. Se vuole si costituisca, nessuno glielo impedisce", ha concluso Noboa.
Gratteri: "Ecuador snodo globale per la cocaina"
Sulla complicata situazione i Ecuador è intervenuto in un'intervista alla Stampa, il procuratore di Napoli Nicola Gratteri : "Ora qualcosa nel Paese sta cambiando. Il caos di questi giorni è legato a un cambiamento di passo che prevede l'estradizione dei detenuti stranieri e il trasferimento dei boss del narcotraffico nelle carceri di massima sicurezza. L'Ecuador è il terzo Paese al mondo per sequestri di cocaina, dopo Colombia e Stati Uniti. È incuneato tra Colombia e Perù e dai tempi dei cartelli colombiani garantisce la spedizione di ingenti partite di cocaina destinate al Nord America e all'Europa. Negli ultimi cinque-sei anni - continua Gratteri - è stato notato un numero maggiore di carichi sequestrati in Italia provenienti da lì e un'attenzione particolare da parte di clan albanesi che sono andati a vivere nella zona portuale di Guayaquil. La 'Ndrangheta in Italia continua ad essere il principale interlocutore dei narcos, anche ecuadoriani" conclude il procuratore.