Israeliani e palestinesi insieme per un programma di salute mentale: "Segnale di speranza"
Mondo ©IPA/FotogrammaLa Bi National School of Psychotherapy di Gerusalemme offre un corso post-laurea sulla psicoterapia per i bambini traumatizzati dai conflitti. È aperto a ebrei israeliani, arabi israeliani e palestinesi. Dopo il 7 ottobre il programma non si è fermato: "Non potevamo tirarci indietro adesso", dicono a Sky TG24 i direttori del corso. "Gli studenti sono attivi, condividono le loro esperienze. Alcuni hanno parenti colpiti dalla guerra, e il fatto che continuino a interagire con i compagni è un segnale importante"
Psicoterapeuti israeliani e palestinesi che seguono lo stesso corso di specializzazione su come dare supporto emotivo ai bambini traumatizzati dalla guerra. Non è una storia di fantasia, ma la realtà della Bi National School of Psychotherapy di Gerusalemme, dove gli studenti di Israele e quelli palestinesi - sia da Gaza che dalla Cisgiordania - studiano insieme, fianco a fianco. "Il programma è nato 8 anni fa, con un primo gruppo di 15 partecipanti", racconta a Sky TG24 la dottoressa Esti Galili-Weisstub, a capo del corso, "e da allora abbiamo continuato a gestirlo, arrivando a un totale di oltre 70 alunni". Il progetto non si è fermato nemmeno dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre: "Abbiamo lavorato molto per tenere il gruppo unito, abbiamo deciso che non potevamo tirarci indietro proprio adesso che c’è più bisogno di noi", spiega il dottor Shafiq Masalha, psicoterapista clinico palestinese-israeliano e co-direttore del corso. "Il gruppo continua a riunirsi ogni domenica, su Zoom, con gli studenti che condividono le loro esperienze sia sul piano umano che su quello professionale. Alcuni di loro hanno anche parenti stretti che sono stati colpiti da questa guerra. Ma il fatto che continuino a interagire con i compagni, è un segnale importante, di speranza" (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI LIVE - LO SPECIALE DI SKY TG24).
Le difficoltà per gli studenti
Alcuni studenti, però, non stanno partecipando alle lezioni, perché non possono: è il caso di quelli che si trovano a Gaza, che non hanno sufficiente connessione internet. "Ma è anche il caso di altri, che, per ragioni puramente emotive, non se la sentono, per il momento, di frequentare il corso", chiarisce la dottoressa Galili-Weisstub. In questi giorni "sono sorte tantissime domande tra gli studenti, su come ci si possa fidare degli altri, partendo da quello che è successo il 7 ottobre, ma guardando anche ai bombardamenti su Gaza e all’espandersi delle tensioni in Cisgiordania: è una ferita gigante, aperta. È davvero difficile quando vieni colpito in prima persona, riuscire a provare empatia per gli altri. E questa è la nostra sfida".
Un programma unico
Quello che la Bi National School of Psychotherapy di Gerusalemme offre è un programma post-laurea di due anni, in inglese, che si concentra sulla psicoterapia per i bambini, in particolare per quelli che hanno un disturbo da stress post-traumatico (Ptsd). Lo scopo principale è sicuramente quello di formare del personale competente che possa prendersi cura dei bambini traumatizzati, in Israele come in Palestina. Ma, parallelamente, vengono offerti anche workshop sulla sensibilità culturale e sulla risoluzione dei conflitti: "Si tratta di un corso che non offre solo gli strumenti per operare come psicoterapeuti in contesti di guerra, ma che porta a una profonda conoscenza di chi c’è dall’altra parte, in maniera anche dolorosa. È qualcosa di unico", spiega ancora la dottoressa Galili-Weisstub.
Ex alunni operativi a Gaza
Il programma, che nel corso degli anni ha ricevuto diversi finanziamenti a livello internazionale (al momento dall’Ue e dall’organizzazione Project Rozana), è aperto a ebrei israeliani, arabi israeliani e palestinesi "in modo da creare una rete, anche piccola, che potrà servire loro in futuro, per lavorare insieme", sottolinea il dottor Masalha. "L’aspetto professionale è importantissimo, soprattutto per gli operatori palestinesi, perché a Gaza e in Cisgiordania il tema della salute mentale è stato trascurato per molti anni, e i nostri studenti possono fare la differenza. In ogni biennio abbiamo avuto dai 2 ai 4 studenti di Gaza. Con alcuni di loro siamo riusciti a parlare in questi giorni: stanno lavorando 24 ore su 24 per aiutare le famiglie e i bambini, come professionisti della salute mentale. Le loro figure sono fondamentali in questo momento e sono state formate nel nostro programma proprio per affrontare scenari come questo".
"Non siamo soli"
La psicologia, in uno scenario di violenza come quello a cui si assiste ora, gioca "un ruolo importantissimo", continua il professore: "Abbiamo a che fare con due nazioni, due popoli e due società che hanno attraversato grandi traumi negli ultimi 100 anni o poco meno, il che vuol dire che hanno mancanza di fiducia negli altri e che si sono create grandissime tensioni: qui interviene l'aspetto psicologico del conflitto, e lo sforzo di creare dialogo, anziché barriere". "So", aggiunge, "che il nostro corso rappresenta un microcosmo, un'isola: ma è un'isola che ha connessioni, che non è da sola in mezzo al mare".