La locomotiva si è fermata: Germania in crisi tra recessione e ultradestra che avanza

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Roberto Tallei

Roberto Tallei

Il cancelliere Olaf Scholz si è presentato al Bundestag con una vistosa benda all’occhio, conseguenza di una brutta caduta e, forse, metafora di un capo del governo ammaccato in una nazione tornata, dopo vent'anni, in crisi

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Si è presentato in Parlamento con la benda all'occhio, conseguenza di una brutta caduta mentre faceva sport, metafora di un capo del governo ammaccato in una nazione tornata, dopo vent'anni, in crisi. Tempi duri per la Germania e per Olaf Scholz, che al Bundestag ha chiesto di fare fronte comune per superare la "muffa della burocrazia, dell'avversione al rischio e dello sconforto" che negli ultimi anni hanno appesantito l'economia più grande del continente. L’idea della Germania che spesso abbiamo in Italia, di Paese super efficiente, moderno e con un’economia solida, non ha mai retto più di tanto alla prova dei fatti, ma la situazione è decisamente peggiorata. Tanto che lo stesso cancelliere ha proposto un pacchetto di misure per snellire la burocrazia del Paese e accelerare la digitalizzazione dell’economia.

Scholz al Bundetag con la benda all'occhio - ©Ansa

"Malato d'Europa? No, grazie"

C’è comunque chi in Germania rimanda al mittente il marchio di “malato d’Europa”. "Non lo siamo, andiamo anzi meglio di altri Paesi", ha rivendicato il presidente della Bundesbank Joachim Nagel, ma il già il fatto che ci si debba difendere da un’accusa del genere la dice lunga. Anche perché secondo il Fondo monetario internazionale, la Germania quest'anno potrebbe essere l'unico membro del G7 con un PIL in contrazione, con un calo stimato intorno allo 0,3%. Le cause andrebbero ricercate soprattutto nella flessione dell'export verso la Cina e nel crollo dei consumi interni dovuto all'inflazione. Se l’aumento del costo della vita è un tradizionale spauracchio dei tedeschi, c’è da dire che negli ultimi mesi ha effettivamente colpito la Germania più duramente di altri Paesi, vista la storica dipendenza dal gas russo. Una crisi energetica arrivata peraltro proprio mentre Berlino era prossima a smantellare le sue centrali nucleari. 

Conti che non tornano

Intanto la Germania non è solo passata dall’essere locomotiva a fanalino di coda dei grandi, ma anche da guardiano del rigore a studentello colto in flagrante mente tarocca i compiti. È di pochi giorni fa, infatti, il richiamo della Corte dei conti tedesca, che ha contestato al ministro delle Finanze, il liberale Christian Lindner, di aver sviato in fondi speciali miliardi di spese straordinarie dovute a guerra e pandemia, scomputandole da un deficit che in realtà sarebbe al 2,4%, cinque volte quello ufficialmente dichiarato. Una mossa bocciata anche da Bruxelles, dove non senza imbarazzo si è dovuto ricordare alla Germania che le regole sono uguali per tutti. Un richiamo che arriva diretto a un superfalco, Lindner, che proprio in queste settimane si distingue in Europa per una delle posizioni più austere nel dibattito sulla riforma del Patto di stabilità.

L'avanzata dell'ultradestra

L'ennesimo sintomo, questo, di un rallentamento non solo economico per Berlino, che ha invece progressivamente perso quella centralità politica sempre riconosciuta ad Angela Merkel per lasciare il campo a un cancelliere debole a capo di una coalizione litigiosa. Chi se ne sta avvantaggiando? L'estrema destra di Alternative fuer Deutchland, che nei sondaggi è stabilmente oltre il 20%, sopra la SPD e a un passo dalla CDU/CSU, e che in alcuni Laender come la Turingia è diventata primo partito, superando in alcuni distretti addirittura il 50% dei consensi. Il prossimo test è fissato l’8 ottobre, con le elezioni in Baviera, il più importante Land del Paese, un vero e proprio Stato nello Stato. Qui la CSU è in testa ma si guarda soprattutto alla competizione tutta a destra tra AFD e il partito degli Elettori liberi, il cui leader Hubert Aiwanger, attuale vicepresidente bavarese, è finito sotto accusa per simpatie antisemite in gioventù.

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