Per quanto niente di ufficiale è stato comunicato, gli osservatori politici thailandesi danno per scontato che prima di tornare, Thaksin abbia ricevuto garanzie politiche di scontare un periodo minimo di prigione - si ipotizzano alcuni giorni - prima che gli vengano concessi gli arresti domiciliari, se non la grazia reale
L'ex primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra, rientrato oggi in patria dopo 15 anni in autoesilio, è stato condannato a otto anni di reclusione dalla Corte Suprema, in un passo previsto dalla procedura annunciata e che non preclude - a meno di clamorosi colpi di scena - una sua rapida scarcerazione. Thaksin, accolto da centinaia di sostenitori all'aeroporto Don Meuang di Bangkok, è stato subito prelevato dalle autorità per sottoporsi all'iter giudiziario relativo alle tre condanne ancora attive ricevute in contumacia. Fissando la pena in otto anni, la Corte ha accorciato di due anni il periodo di reclusione che Thaksin dovrà in teoria scontare. Per quanto niente di ufficiale è stato comunicato, gli osservatori politici thailandesi danno per scontato che prima di tornare, Thaksin abbia ricevuto garanzie politiche di scontare un periodo minimo di prigione - si ipotizzano alcuni giorni - prima che gli vengano concessi gli arresti domiciliari, se non la grazia reale. Tra poche ore, con ogni probabilità un fedelissimo di Thaksin, il magnate immobiliare Srettha Thavisin, sarà eletto premier dal Parlamento a Camere riunite, dopo il raggiungimento di un accordo di "grande coalizione" tra il Puea Thai di Thaksin (secondo per numero di voti alle elezioni di maggio) e l'establishment conservatore, del quale Thaksin è stato per due decenni la nemesi.