Migranti, a Zarzis tra le tombe senza nome del cimitero degli sconosciuti

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Jacopo Arbarello

Jacopo Arbarello

Il camposanto della città tunisina dove vengono sepolti gli annegati in mare durante la traversata del Mediterraneo. Il reportage di Sky TG24 

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Tombe senza nome, in un piccolo cimitero al confine del niente. È il cimitero degli sconosciuti, i migranti morti in mare tentando la traversata verso l’Italia e non identificati. C’è qualcosa di surreale in questo luogo, alle porte di Zarzis, piccola cittadina semi turistica del Sud della Tunisia, al confine con la Libia. Il cimitero lo ha voluto e pagato un artista francese, ed è deserta anche la strada per arrivarci. All’interno centinaia di lapidi bianche, senza nome e senza data. Il silenzio circonda questi morti.

Il giro d'affari milionario che ruota attorno i barchini

Entrando in città andiamo verso la spiaggia, a cercare i segni delle partenze, anche se da qui Lampedusa dista tre giorni di navigazione, ma subito li troviamo, praticamente in centro. Su una spiaggia bianca che da su un mare cristallino è arenata una delle famigerate barche in metallo che vengono fabbricate, qui in Tunisia, per pochi soldi e con saldature poco efficaci. Questi barchini sono al centro di un vero e proprio racket della criminalità organizzata, dei trafficanti di migranti. Perché i passeurs, come li chiamano qui, ci fanno entrare fino a 30-40 persone, e ognuna paga tra i 1000 e i 1500 euro per arrivare in Italia. Un giro d’affari milionario sulla pelle dei migranti subsahariani. Questi barconi infatti, molto spesso, affondano pochi minuti dopo aver preso il mare, e affondano perché non tengono le onde, in particolare, sono le saldature a non tenere perché la barca è carica.

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"Abbiamo paura di imbarcarci, ma non abbiamo scelta"

Davanti a questo barchino fermiamo un ragazzo che passa, in tenuta da lavoro. Si chiama Ali, viene dalla Guinea, gli chiediamo cosa pensi di tutti questi morti, quasi voluti dai trafficanti di uomini che li imbarcano sapendo di mandarli a morire. Ci dice che “salire su barche come questa è pericoloso, prima di imbarcarti puoi anche controllare bene, ma alla fine quasi sempre contiene molte persone e quando è in mare oscilla facilmente, cominciando a prendere acqua. Questa barca è tornata vuota, tutti quelli che erano dentro sono annegati. Abbiamo paura di salirci, ma non abbiamo scelta. Non siamo certo venuti in Tunisia per rimanerci”.

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“A pensare ai morti mi sento male, mi fa solo sentire male”

Alì è fortunato, qui a Zarzis fa il muratore e guadagna qualche soldo, ci porta nel cantiere dove lavora e dove incontriamo i due amici impiegati in nero insieme a lui. Anche con loro parliamo dei morti in mare. Il primo ci dice che la situazione è deplorabile, ma chi accetta di partire sa il rischio che corre. Il suo compagno non vuole partire, perché qui a Zarzis il lavoro funziona, e ha solo poche parole, ma molto pesanti: “A pensare ai morti mi sento male, mi fa solo sentire male”. Il cimitero degli sconosciuti intanto resta nel suo silenzio. Non è un caso che sia chiuso. Chi mai verrà a trovare un morto che non si sa chi sia?

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