Elezioni Turchia, Ece Temelkuran: "Sconfitta Erdogan chiuderebbe le porte dell'inferno"
MondoLa scrittrice, giornalista e commentatrice turca ha lasciato il suo Paese nel 2016 a causa dei suoi scritti anti-regime. Ospite di Fondazione Feltrinelli, a pochi giorni dal voto, spiega come una vittoria dell’opposizione possa riportare Ankara sulla via della democrazia, ma soltanto "dopo un periodo di transizione estremamente difficile"
Potrebbe tornare a casa fra pochi giorni se, come raccontano i sondaggi, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan rischiasse realmente di perdere le elezioni di domenica, dopo oltre vent’anni al potere. Ece Temelkuran - scrittrice, giornalista, commentatrice politica turca per testate come «Milliyet» e «Habertürk» - ha lasciato la Turchia nel 2016, dopo aver perso il lavoro a causa dei suoi scritti anti-regime. A Milano, ospite di Fondazione Feltrinelli, a pochi giorni dal voto, Temelkuran spiega come una vittoria dell’opposizione possa riportare la Turchia sulla via della democrazia, ma soltanto dopo un periodo di transizione estremamente difficile. Vent’anni di costruzione di un’autocrazia non si cancellano infatti in un solo giorno.
Che cosa accadrà in caso di sconfitta del presidente Erdogan domenica?
“Come ha detto un autore brasiliano: dopo la sconfitta di Bolsonaro non sarà certo il paradiso, ma se Erdogan perdesse, sicuramente si chiuderebbero le porte dell’inferno”.
Che cosa farà Erdogan se dovesse perdere?
“Se Erdogan perdesse le elezioni la sua reazione sarà ignota, e sfortunatamente ci sono soltanto opzioni terribili. Ha dichiarato che proteggerà la democrazia come accaduto nella notte del golpe (nel 2016, ndr), il che non significa proteggere la democrazia, ma aggrapparsi al potere”.
Erdogan ha ancora una vastissima base. Se non ci fossero una crisi economica e un’alta inflazione, rischierebbe come rischia oggi?
“Se non ci fosse una crisi economica, Erdogan sarebbe ancora piuttosto potente. Più che la crisi economica, però, ha un peso il terremoto (di febbraio, ndr). Il terremoto ha avuto un impatto massiccio sulla percezione di Erdogan, ha creato un effetto: come se tutta la corruzione accumulata durante il suo governo si fosse sparpagliata ovunque quando quei palazzi sono crollati e quando sono morte migliaia di persone”.
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In caso di vittoria, che sfida attende l’opposizione? Riuscirà a riportare il Paese dopo vent’anni sulla via della democrazia. E come?
“Se l’opposizione vincesse domenica si aprirebbe un periodo molto difficile per la Turchia. In primo luogo, Erdogan controlla ancora l’apparato di Stato: ha governato il Paese da solo, ha invaso gli apparati statali con i suoi sostenitori. Ha anche creato una decadenza morale: ha creato milioni a sua immagine e somiglianza, masse crudeli, ignoranti e organizzate. Il problema sarà come queste reagiranno. Tuttavia, se l’opposizione vincesse domenica, ci sarebbe grande entusiasmo nel campo democratico, un’incredibile energia per rendere l’impossibile possibile. Forse la Turchia sarà un Paese democratico alla fine di questo periodo molto difficile”.
Come nasce un’autocrazia?
“È un processo molto lento e doloroso. In tanti pensano che sia soltanto questione di un tizio cattivo che arriva a picchiare i buoni, cambiando il Paese da un giorno all’altro. Non è così. È un processo lento, doloroso, straziante: una tortura. Ci sono voluti vent’anni in Turchia: hanno creato un movimento, mobilitato l’ignoranza e prodotto il vittimismo. E hanno prosperato sfruttando questo vittimismo per colpire le “élite dispotiche”. Hanno chiesto di essere rispettati, ma una volta rispettati hanno iniziato a rovinare tutti i meccanismi politici e anche i fondamentali valori morali del Paese. A poco a poco sono arrivati agli apparati di Stato. E alla fine hanno ottenuto tutto il potere. Ecco dove si trova oggi la Turchia. L’ho definito un processo a sette stadi, dalla democrazia alla dittatura. Siamo all’ultimo stadio, alla perdita del Paese. Se la Turchia ce la farà in queste elezioni, se sarà l’opposizione a vincere, faremo un’inversione a U”.
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Che cosa accadrà ai molti prigionieri politici se vince l’opposizione?
“Alcuni sono miei amici, quindi non riesco a essere super obiettiva nel dare una risposta. Vorrei fossero rilasciati subito, il giorno dopo il voto se possibile. Non meritano ovviamente di essere lì, non un’ora di più. Il leader dell’opposizione, Kemal Kılıçdaroğlu, ha già promesso che i prigionieri politici saranno liberati, dobbiamo fidarci di lui”.
Ha lasciato la Turchia nel 2016, ci tornerà in caso di successo dell’opposizione?
“Potrò tornare se Erdogan perde. E questo è già abbastanza, perché mi sentirò sicura. E come me molti altri”.
Qual è stato il ruolo degli intellettuali turchi in questa campagna?
“Anche se l’opposizione vincesse, sappiamo che ci sono troppe persone che hanno aperto la via a questo regime autoritario. Dovremo perdonare molto, perdonare chi ha legittimato Erdogan soprattutto agli occhi del mondo occidentale, specialmente durante il suo primo mandato, dal 2002. Eravamo in pochi allora a criticare Erdogan, sia nel Paese sia all’estero. Per me è difficile perdonarli oggi, ma il leader dell’opposizione ci insegna qualcosa di molto importante, che sarà una lezione per tutti quei Paesi che lottano contro l’autoritarismo: amore radicale in politica. E dice: mira al leader, ma perdona i suoi sostenitori. Questa è l’unica via per uscire da questa polarizzazione e dall’ostilità”.
Che effetto avrebbe una sconfitta di Erdogan sulle autocrazie della regione?
“La sconfitta di Erdogan significherebbe molto per la regione. Il suo regime è l’ultima frontiera dell’islamismo associato al liberismo economico. Sarebbe l’ultimo leader legato all’islam politico a cadere”.