Guerra in Sudan, la tragedia di rifugiati e sfollati interni

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Jacopo Arbarello

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Il Sudan, da anni, ma forse sarebbe meglio dire da decenni, è una sorta di hub per profughi e sfollati. E questo a prescindere dalla guerra tra i due generali iniziata il 15 aprile, che ovviamente ha solo peggiorato una situazione già di per sé catastrofica

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Il Sudan, da anni, ma forse sarebbe meglio dire da decenni, è una sorta di hub per profughi e sfollati. E questo a prescindere dalla guerra tra i due generali iniziata il 15 aprile, che ovviamente ha solo peggiorato una situazione già di per se catastrofica. 

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Le ragioni della crisi umanitaria

Il paese è costellato di campi profughi, perfino nella capitale Khartoum, dove sono accampati da decenni centinaia di migliaia di sud sudanesi. Le motivazioni sono molteplici. Innanzitutto una guerra civile con il sud del paese durata decenni e terminata con l’indipendenza del Sud Sudan nel 2011. Poi il conflitto etnico in Darfur, mai realmente sopito. Infine la collocazione geografica del Sudan, incastonato tra paesi altamente instabili o in crisi, come Ciad, Libia, Eritrea, Etiopia e Sud Sudan. 

Sta di fatto che i dati sul numero di rifugiati e sulla povertà del paese, anche prima della guerra, sono impressionanti.  

Al 31 marzo gli sfollati interni erano 3 milioni e 700 mila, quasi tutti in Darfur dove le campagne di persecuzione delle popolazioni africane ad opera dei Janjaweed al soldo dell’ex dittatore Omar Al Bashir hanno costretto milioni di persone a lasciare i propri villaggi devastati. E i guerriglieri a cavallo hanno ripreso le razzie, allora come oggi guidati dal generale Mohamed Hamdan Dagalo, soprannominato Hemedti. Cioè una delle due parti in causa in questa guerra per il potere e le risorse del paese.  

A questi sfollati interni si aggiungono 1.1 milioni di rifugiati dai paesi vicini, in questo caso 800 mila sono sud sudanesi, ma ci sono anche 126 mila eritrei, 97 mila siriani e 72 mila etiopi. Scappati in Sudan dal proprio paese. E ora sulla via del ritorno.  

In generale la situazione umanitaria in Sudan era dunque già particolarmente difficile prima dell'inizio delle ostilità, con un terzo della popolazione che soffriva di malnutrizione, dunque la fame, e parliamo di oltre 15 milioni di persone, e più di 2 milioni di bambini in condizioni di malnutrizione acuta.  

SUDAN INDONESIA DIPLOMACY CONFLICT - ©Ansa

L’inizio dei combattimenti il 15 aprile tra l’esercito del generale Al Burhan, presidente de facto del paese, e i paramilitari di Hemedti ha creato un ulteriore ondata di panico e una fuga che ha riguardato altre fasce di popolazione. Innanzitutto praticamente tutti gli stranieri, rimpatriati con ponti aerei o via terra.  

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I numeri dell'emergenza

L’allarme dell’Onu è stato chiaro, la massa di rifugiati dal Sudan può raggiungere le 800 mila persone. Già adesso più o meno siamo alla metà di questa cifra. 

Al momento infatti più di 100 mila rifugiati hanno varcato i confini del paese, mentre oltre 300 mila sono sfollati interni, comunque scappati dalle proprie case seppur all'interno del Sudan. Le vie di fuga principali sono quella verso il Chad, raggiunto a piedi dal Darfur per la ripresa delle violenze etniche da 30 mila persone e l'Egitto, dove sono entrati 40 mila sudanesi e 2 mila stranieri, mentre altre migliaia aspettano alla frontiera in attesa di poter passare, in condizioni estreme, sotto il sole cocente, senza acqua né strutture sanitarie, con code chilometriche di autobus.  

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Ci sono poi oltre 27 mila sud sudanesi, che erano rifugiati in Sudan e hanno deciso di tornare in un paese che dalla nascita è senza pace e se possibile è ancora più povero del Sudan. Il timore di tutte le organizzazioni umanitarie è che se il conflitto non si ferma subito ci possa essere un effetto domino che colpirà tutta l'area, rendendola ancora più instabile di quanto già non lo sia. 

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L'odissea dei rifugiati

In Ciad ad esempio i rifugiati arrivano a piedi dal Darfur, lì la stagione delle piogge sta per iniziare e se non si portano subito gli aiuti umanitari i rifugiati rischiano di rimanere intrappolati in campi profughi improvvisati senza il necessario per sopravvivere. 

Essendo il Sudan un paese dalle mille tragedie, il conflitto ancora in corso crea situazioni di disagio multiplo. E’ il caso ad esempio dei rifugiati siriani, scappati dalla guerra in casa propria, che adesso fuggono terrorizzati dai combattimenti, ma sono già poveri e devono affrontare spese che prosciugano i propri risparmi, come spiega Radwan Hisham Wahba, arrivato a Port Sudan dopo giorni di viaggio da Khartoum, su una rotta lunga circa 1.200 chilometri: “Per un siriano un visto per l'Egitto costa 1400 dollari, per la Libia costa 1700 o 1800 dollari, sono tanti soldi che nessuno può permettersi”.  Ma i costi proibitivi del viaggio ci sono per chiunque abbia deciso di scappare in auto o in bus. I prezzi dei trasporti infatti sono infatti schizzati alle stelle subito dopo l’inizio del conflitto, così come i prezzi degli alimenti, cresciuti anche del 30 per cento. Questo, ovviamente, per chi riesce a trovare da mangiare e ha i soldi per comprare. Per gli altri c’è solo la fuga e un futuro da rifugiati. 

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