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Brexit, cosa cambia adesso con l’“Accordo di Windsor”?

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Tiziana Prezzo

Tiziana Prezzo

©Ansa

La  nostra corrispondente da Londra, Tiziana Prezzo, analizza quello che sia il leader britannico, Rishi Sunak, che il Presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, hanno definito “l’inizio di un nuovo capitolo delle relazioni tra UK e Ue” 

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LONDRA - Ora che l’“accordo di Windsor” è stato a grandi linee spiegato dai due leader (Rishi Sunak per il Regno Unito, Ursula Von der Leyen per la Commissione europea), apparsi entrambi sorridenti e allegri in conferenza stampa, non ci resta che attendere le reazioni degli unionisti nordirlandesi del DUP e dei ribelli del partito conservatore capitanati dall'ex premier Boris Johnson. 

Ma alcune cose, specie dopo l’intervento del premier in una Camera dei comuni gremita, appaiono già ben chiare.

 

L’inizio di un nuovo capitolo

Innanzitutto, come sottolineato a più riprese e sotto varie forme da Sunak e Von der Leyen, è stata “girata una pagina” nelle relazioni tra Regno Unito ed Unione europea e “ha ora inizio un nuovo capitolo”.

Inequivocabili a questo proposito le parole di Von der Leyen, che ha parlato di un dialogo “franco, onesto e su cui si può fare affidamento". Leggasi fra le righe: con Johnson, pronto ad usare l'arma del ritiro unilaterale dal protocollo, era un'altra musica (stonata, per giunta). Non prendiamo neanche in considerazione la triste parentesi di Liz Truss, “durata” in tutto cinquanta giorni. Meno di un cespo di insalata, ha ironizzato un tabloid britannico.

Il potere della mediazione

Sunak non ha battagliato, come fatto dai suoi predecessori e da presunti mediatori come Lord David Frost. Ha fatto l’unica cosa che bisogna davvero fare quando si cerca un punto di caduta comune: ha mediato. E in quattro mesi ha portato a casa ciò che a Jonhson non è riuscito in oltre due anni. “Guarda chi alla fine ha fatto la Brexit”, titola sarcastico l'Independent, con la fotografia di Rishi e Ursula che si stringono amichevolmente la mano soddisfatti.

L’opposizione di “johnsoniani” a “unionisti”

Johnson potrà strepitare e scalciare quanto vuole, ma ha ricevuto un pugno sui denti da lasciare storditi. Sunak lavora sornione, non affonda il coltello, alla Camera dei Comuni gli preme tenere unito il partito, dice che se si è arrivati a questo accordo grazie anche al suo predecessore. Ma nessuno è scemo, commentano a mezza bocca i suoi sostenitori. E l'endorsement ricevuto da paladini duri e puri della Brexit come Steve Baker, ministro per l'Irlanda del Nord, già a capo dell'European Research Group, il think thank di ultraconsevatori e di arci “brexiteer” capace di condizionare i governi conservatori, la dice lunga su a che punto si è arrivati.

 

Le incognite dello stallo del Parlamento nordirlandese

Si può quindi dare per scontato che gli unionisti entreranno nel governo locale di Stormont, bloccato proprio dal DUP da ormai quasi un anno? No, ma un ulteriore rifiuto sarebbe davvero difficile da sostenere e da spiegare anche a parte della comunità protestante nordirlandese. Il problema principale del partito, è che non parla con una sola voce. Ma ieri il suo leader, Jeffrey Donaldson, ha fatto aperture importanti alla Camera dei Comuni, pur riservandosi di prendere il tempo per studiare tutte le carte.

Tolto il confine interno al Regno Unito

Il nuovo accordo stabilisce una corsia verde, libera da controlli, per tutte le merci (medicinali compresi) destinate al solo mercato nordirlandese. Facendo così viene a mancare la necessità di un confine fittizio nel Mar d'Irlanda, interno al Regno Unito. Questo aspetto aveva posto una forte questione identitaria per chi si sente britannico oltre che nordirlandese. Un’identità da difendere a tutti i costi, soprattutto dopo la vittoria, per la prima volta, alle ultime elezioni locali, del partito nazionalista (e repubblicano) di Sinn Fein e dopo che il censimento del 2021 ha stabilito che ora i protestanti in Irlanda del Nord sono per la prima volta una minoranza.

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Il ruolo della Corte di Giustizia europea

La vera incognita è rappresentata dal ruolo che la Corte di giustizia europea continuerà a giocare in Irlanda del Nord. E’ stato istituito un “freno di Stormont”, che attribuirebbe al Parlamento locale più voce in capitolo, ma resta il fatto che il DUP aveva chiesto la totale esclusione dell’istituzione comunitaria da qualsiasi disputa sul proprio territorio.

 

Tra un mese l’anniversario degli accordi di pace del Venerdì Santo

Un passaggio non trascurabile della conferenza stampa di Windsor è stato quello in cui Von der Leyen ha paragonato questo meccanismo a un’evoluzione degli accordi di pace del Venerdì Santo. Il riferimento non è casuale.  Pochi giorni fa a Omagh, teatro negli anni dei “Troubles” di una famigerata strage, alcuni appartenenti alla Nuova Ira hanno teso un’imboscata a un agente di polizia non in servizio. L’uomo si trova ora in gravissime condizioni in ospedale. Tra poco più di un mese ricorrerà il 25esimo anniversario di quell’accordo, che va protetto con cura, sia dal Regno Unito che dall’Europa.  Manca solo l’ok del DUP a far funzionare il Parlamento perché ai festeggiamenti ci sia anche il presidente americano Joe Biden, che, avendo origini irlandesi, ha molto a cuore l’intera questione.

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