Il premier canadese ha annunciato la decisione in risposta alla repressione violenta delle proteste da parte di Teheran. Il divieto è "a vita” ed è una misura che è stata utilizzata in passato solo “nelle circostanze più gravi contro regimi che hanno commesso crimini di guerra o genocidi, come in Bosnia e Ruanda"
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Il Canada ha deciso di vietare l'ingresso nel Paese a 10mila funzionari iraniani in risposta alla repressione violenta delle proteste da parte di Teheran. La decisone è stata annunciata dal premier canadese Justin Trudeau che ha definito il regime in Iran "omicida". Il divieto di ingresso ai funzionari iraniani è "a vita". "Si tratta di una misura che è stata utilizzata solo nelle circostanze più gravi contro regimi che hanno commesso crimini di guerra o genocidi, come in Bosnia e Ruanda", ha aggiunto Trudeau.
Cosa sta succedendo in Iran
Dopo la morte della 22enne Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale in Iran perché non indossava correttamente il velo e deceduta dopo tre giorni nell'ospedale dove era arrivata dalla caserma già in coma, nel Paese sono scoppiate violente proteste, che poi si sono allargate in molte parti del mondo in segno di solidarietà. Le autorità iraniane stanno reprimendo con violenza queste manifestazioni, tanto che per Amnesty il bilancio delle vittime in tutto il Paese dall'inizio delle dimostrazioni è arrivato ad almeno 134 persone.
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Il video della polizia
Intanto il 7 ottobre, la tv di Stato iraniana ha mandato in onda un video ripreso dalle telecamere di sorveglianza della polizia che mostrerebbe cosa è successo. Nel filmato, la ragazza identificata come Mahsa Amini è in un edificio della polizia morale e sviene prima di essere soccorsa dai medici. Sempre oggi un rapporto medico diffuso dopo l’autopsia indicherebbe che la causa della morte non sarebbero state le percosse ma una malattia. I medici iraniani dicono che la morte di Mahsa Amini sarebbe legata ad "un intervento chirurgico per un tumore al cervello subito all'età di 8 anni" e "non a percosse alla testa e agli organi vitali”. La famiglia di Amini ha contestato i resoconti ufficiali.