Iran, morte di Mahsa Amini: la polizia diffonde un video su cosa sarebbe successo

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La tv di Stato iraniana ha mandato in onda un filmato ripreso dalle telecamere di sorveglianza che mostrerebbe quanto accaduto il 13 settembre. Si vede quella che viene indicata come la 22enne che arriva in un edificio della polizia morale, poi sviene e i vari tentativi di rianimarla. Intanto un rapporto medico dopo l’autopsia afferma che Mahsa sarebbe morta per malattia, non per un pestaggio. Ma la famiglia contesta queste versioni

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La tv di Stato iraniana, venerdì 7 ottobre, ha mandato in onda un video ripreso dalle telecamere di sorveglianza della polizia che secondo  la versione ufficiale mostrerebbe cosa è successo a Mahsa Amini, la giovane donna la cui morte in custodia ha scatenato da settimane proteste in tutto l’Iran che si sono diffuse come segno di solidarietà in gran parte del mondo. 

Cosa si vede nel video

Il video è stato girato il 13 settembre e sembra mostrare una donna che viene identificata con un contorno cerchiato di rosso come Masha Amini. È insieme ad altre donne: tutte escono da un veicolo della polizia morale ed entrano alle 19:28 nel cortile del Dipartimento di polizia della sicurezza morale. Vengono portate all’interno, in una sorta di aula. Amini si siede e più tardi si avvicina a una poliziotta velata. Le due sembrano discutere. Alle 19:56, secondo il video, la ragazza sviene, alcuni dei presenti si avvicinano mentre un altro agente porta sul posto un paramedico della polizia che tenta di farla star meglio. Passano altri minuti e arriva una squadra di emergenza che inizia la rianimazione cardiopolmonare. A questo punto Amini viene portata fuori dall’aula e verso l’ospedale. Nel video si vedono le ambulanze in strada e la voce fuori campo dice: "I tentativi di soccorso continuano fino al suo arrivo in ospedale, ma purtroppo è morta in ospedale il 16 settembre”.

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La versione ufficiale sulla morte

Secondo un rapporto medico seguito all'autopsia effettuata a Teheran sul corpo della 22enne iraniana, arrestata dalla polizia morale perché non indossava correttamente il velo e deceduta dopo tre giorni nell'ospedale dove era arrivata dalla caserma già in coma, la causa della morte non sarebbero state le percosse ma una malattia. I medici iraniani dicono che la morte di Mahsa Amini sarebbe legata ad "un intervento chirurgico per un tumore al cervello subito all'età di 8 anni" e "non a percosse alla testa e agli organi vitali”. L'agenzia di stampa ufficiale IRNA ha citato l'ufficio del medico legale dicendo che gli esami hanno rilevato che Mahsa Amini è morta di ipossia cerebrale, in cui l'apporto di ossigeno al cervello diminuisce. Ha detto che ha subito un'insufficienza multiorgano ma "la sua morte non è stata causata da un trauma da corpo contundente alla testa, agli organi e alle parti vitali del corpo”. Diceva che Amini soffriva di aritmia cardiaca, ipotensione e perdita di coscienza prima di essere portata in ospedale. La famiglia di Amini ha precedentemente contestato i resoconti ufficiali della morte della figlia dicendo che il cadavere mostrava chiari segni di essere stato ferito e picchiato. La versione ufficiale sulla morte di Mahsa è stata contestata anche sui social media da attivisti iraniani.

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Cosa sta succedendo in Iran

Oggi la madre di Nika Shakarami, un'adolescente morta dopo aver preso parte alle dimostrazioni, ha dichiarato che la figlia è stata uccisa dalle forze di sicurezza e non ha perso la vita cadendo da un edificio, come aveva sostenuto invece la magistratura. Poche ore prima Amnesty International e altre organizzazioni hanno accusato la polizia iraniana di avere provocato la morte anche di un'altra adolescente, la 16enne Sarina Ismailzadeh, scomparsa il 24 settembre. Per la procura di Alborz, la ragazza si sarebbe "suicidata" lanciandosi dalla finestra di un edificio non lontano dalla casa delle nonna, mentre secondo le Ong la morte è stata provocata da "colpi di manganello alla testa". Dal 16 settembre le dimostrazioni per Mahsa in Iran non si sono mai fermate e nei giorni scorsi sono state portate avanti soprattutto da universitari e studentesse di scuole superiori di varie città che hanno dimostrato togliendosi il velo. Per Amnesty il bilancio delle vittime in tutto il Paese dall'inizio delle dimostrazioni è arrivato ad almeno 134 persone.

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