Ritrovata in Cappadocia esemplare di silfio, pianta creduta estinta dai tempi di Nerone
MondoEra utilizzata soprattutto come in campo medico dai greci, mentre i romani la preferivano come spezia in cucina. Un farmacologo potrebbe averla ritrovato ai piedi del monte Hasan, in Turchia
Da prima dell'ascesa di Atene all'apice dell'Impero Romano, il silfio, pianta dai fiori dorati, era uno dei prodotti più ricercati nel mondo mediterraneo, valutata allo stesso prezzo dell’argento. La pregiata spezia-medicinale è cresciuta nella regione della Cirenaica (odierna Libia) fino al I sec. d.C.
"È stato trovato un solo stelo", scrisse in quel periodo il cronista romano Plinio il Vecchio nella sua Storia naturale, "ed è stato dato all'imperatore Nerone".
L'imperatore Nerone mangiò l'ultimo silfio
Secondo il racconto, fu l’imperatore a consumare l’ultima pianta esistente. Ricerche del silfio tanto citato nei testi antichi vennero condotte a partire dal Medioevo e nel tempo gli storici giunsero alla conclusione che potesse trattarsi della prima specie – animale o vegetale – di cui fosse stata documentata l’estinzione.
Un assunto messo in discussione in seguito alla scoperta del farmacologo dell’Università di Istanbul, Mahmut Miski, specializzato in farmacognosia, lo studio dei medicinali ricavati direttamente da piante e funghi.
La scoperta in Turchia
Nel 1983, il farmacologo venne condotto da due ragazzi di un piccolo villaggio della Cappadocia fino alle pendici del monte Hasan, in Turchia. Dietro i muri di pietra che proteggevano le piante dal pascolo del bestiame, i fratelli mostrarono a Miski diverse piante insolitamente alte con steli spessi che trasudavano una resina dal sapore acre. La ricerca del professore alla fine ha rivelato che solo un altro esemplare di questa pianta era mai stato raccolto - nel 1909 in un sito a 150 miglia a est del monte Hasan - ed è stato successivamente identificato come una nuova specie: Ferula drudeana.
Le somiglianze tra la scoperta di Miski e il silfio
A distanza di anni, il Miski è tornato a studiare la pianta trovata in Turchia, trovando diverse somiglianze, per aspetto e proprietà, con l'antico silfio. Dall’analisi chimica è emerso come la Ferula contenesse diversi composti dalle proprietà antitumorali, contraccettive e antinfiammatorie. "Si trovano le stesse sostanze chimiche nel rosmarino, nella bandiera dolce, nel carciofo, nella salvia e nel galbano, un'altra pianta di Ferula ", si meraviglia il professore commentando la scoperta su National Geographic. "È come se si fossero combinate una mezza dozzina di importanti piante medicinali in un'unica specie." Anche le fattezze sono simili a quelle del silfio, il cui aspetto è stato ricostruito grazie a testi antichi e alle raffigurazioni sulle monete usate in Cirenaica: radici spesse e ramificate, simili al ginseng; foglie basali simili a fronde; un gambo scanalato che sale verso stravaganti grappoli circolari di fiori; foglie di sedano; e frutti a forma di cuori invertiti. Le similitudini, però, non si fermano qui. I giovani custodi delle piante di Ferula avevano raccontato a Miski come pecore e capre amassero pascolare sulle sue foglie, cosa che gli ha ricordato una descrizione nella Storia naturale di Plinio di pecore ingrassate nutrendosi di silfio.
Com'è arrivato il silfio dalla Libia alla Turchia?
Non tutti sono convinti della corrispondenza tra la Ferula trovata in Turchia e l’antica pianta amata da greci e romani. Le descrizioni antiche erano unanimi sul fatto che il miglior silfio provenisse esclusivamente da una zona ristretta intorno alla città di Cirene, un sito ora occupato dal moderno insediamento di Shahat in Libia. Le pendici del monte Hasan si trovano a 800 miglia a nord-est, in linea d'aria, attraverso il Mediterraneo.
Una spiegazione plausibile, secondo Miski, è che alcuni semi di silfio siano stati portati in Turchia circa duemila anni fa dai greci che l’hanno abitata per secoli. “Dato che ci vogliono almeno dieci anni per maturare, potrebbero averlo piantato, poi dimenticato tutto. Ma la pianta ha continuato a crescere allo stato selvatico e ha finito per popolare questa piccola area", ha detto Mehmet Ata, che da ragazzo condusse Miski nel frutteto dove cresceva la pianta. "I discendenti dei contadini originari non avrebbero saputo cosa diavolo fosse."