Nel Regno Unito l’inflazione ha raggiunto livelli record e potrebbe arrivare presto al 18%. Sempre più categorie di lavoratori incrociano le braccia chiedendo che i salari vengano adeguati ai rincari. Lo scalo merci più grande del Paese, che da solo garantisce quasi la metà del traffico nazionale, è fermo per protesta. Il reportage della nostra inviata a Felixstowe
FELIXSTOWE - “Esiste un’espressione in inglese: live hand to mouth (vivere mano alla bocca Ndr) che significa che ciò che guadagni lo spendi interamente per vivere, senza riuscire a mettere nulla da parte. Ecco, direi che sempre più famiglie britanniche si trovano in questa situazione”. Phil, 54 anni, lavora, come la moglie, nel porto di Felixstowe, a due ore e mezza di macchina da Londra, da decenni. D’altronde è proprio il “porto della Gran Bretagna”, come recita un cartello all’ingresso della cittadina portuale che affaccia sul Mare del Nord, a dare da mangiare a migliaia di famiglie, qui perché si tratta dello scalo merci più importante di tutta l’Isola. Da solo gestisce oltre 4 milioni di container, che arrivano trasportati da una media circa 2mila navi l’anno. Ora è bloccato da ben 8 giorni di sciopero consecutivi.
Un clima che ricorda i tempi di Margareth Thatcher
Un blocco del genere non si vedeva dagli incandescenti Anni Ottanta. Ma neanche allora si era raggiunto il 18% di inflazione che viene ora prevista con l’inizio dell’anno. E proprio il carovita, il fatto che gli stipendi non riescono più a tenere il passo dell’incremento dei prezzi, sta facendo sì che gli scioperi nel Regno Unito si stiano moltiplicando in maniera sensibile. E non c’è categoria che non sembri essere toccata dalla questione. I trasporti (specie le ferrovie e la metropolitana di Londra) sono già sul piede di guerra, ma anche l’inizio dell’anno scolastico è a rischio, così come il settore sanitario. Gli aumenti proposti e/o garantiti a insegnanti, medici e infermieri sono ritenuti insufficienti. Sciopera la Royal Mail, scioperano i netturbini in Scozia. E ora anche gli avvocati penalisti hanno deciso di fermarsi a partire dal 5 settembre per un tempo indefinito provocando così di fatto un blocco della Giustizia con effetti potenzialmente drammatici.
Sempre più arduo scioperare
E dire che negli ultimi decenni, nuove leggi hanno reso sempre più difficile scioperare in questo Paese.“E’ così – ci conferma Miles Hubbard, sindacalista di Unite the Union e uno dei manifestanti di Felixstow -. I vari governi conservatori che si sono succeduti negli anni hanno passato provvedimenti che lo rendono più difficile. Bisogna superare tutta una serie di complicazioni legali. Non può succedere come accade ad esempio in Francia, dove i sindacati indicono uno sciopero e si sciopera. Se facessimo lo stesso qui avremmo immediatamente i nostri fondi sequestrati. Quindi dobbiamo seguire la legge, che altro non è che un lungo processo burocratico”. Processo che è stato seguito a Felixstowe. L’80% dei lavoratori del porto (circa 1900) ha votato sulla proposta di sciopero e di questi il 92% ha votato a favore. Secondo Paul Davey, portavoce della società che gestisce lo scalo, molti hanno aderito perché si sono sentiti minacciati. “Qui paghiamo il 40% sopra la media nazionale – ci dice -. In questa disputa il salario medio si aggira intorno alle 43 mila sterline l’anno. I nostri lavoratori sono ben pagati. Abbiamo offerto 3500 sterline in pi . Un aumento tra l’8 e il 9.6% quest’anno. Lo sciopero equivale per loro a un taglio dello stipendio del 2%”. Secondo Davey, il sindacato starebbe cavalcando l’onda del discontento diffuso nel Paese senza che nel caso specifico ci sia davvero bisogno.
Quella linea chiamata “Fuel poverty”
Non la pensano ovviamente così i lavoratori, tutti iscritti al sindacato, che incontriamo alla rotonda davanti all’ingresso del porto. “Quando oltre il 10% del tuo stipendio viene speso per l’energia per mandare avanti la casa si è potenzialmente in quella che viene chiamata ‘fuel poverty’, ci spiega Graham, che aggiunge: “Direi che la maggioranza delle persone a questa rotatoria sono in ‘fuel poverty’”.
Il Regno Unito ha una politica dei prezzi, rispetto all’Unione europea, che permette che le bollette possano aumentare in maniera spropositata. Viene sì fissato un tetto massimo di spesa (il cosiddetto cap), ma questo viene ogni tre mesi aggiornato tenendo conto proprio dell’inflazione. Le previsioni parlano di una spesa massima di 5.300 sterline (circa 6200 euro) annuali a famiglia a partire dal 2023.
“Personalmente, prima pagavo circa un centinaio di sterline al mese per l’elettricità, il gas e le altre bollette. Ora pago tre volte tanto. E se uno tiene in considerazione tutte le spese, che sono salite nella stessa maniera, si capisce bene dove eravamo prima e dopo siamo adesso. Le spese sono duplicate, forse triplicate rispetto a prima”, racconta Phil. Intanto, intorno alla rotonda, l’ennesimo camionista suona il clacson in segno di sostegno e alza il pollice mentre si allontana. I lavoratori del porto rispondono con brevi urla di giubilo, sventolando bandiere e alzano cartelli.