A Baghdad i dimostranti si oppongono alla nomina a primo ministro di Mohammed Shia al-Sudani, filo-iraniano. Hanno indetto un sit-in permanente e dichiarato che non lasceranno l’edificio. L’Onu chiede di evitare una ulteriore escalation delle violenze
In Iraq non si fermano le proteste e lo stallo politico. A Baghdad la sede del Parlamento continua a essere occupata dai sostenitori del leader sciita Moqtada Al Sadr alla guida della fazione Sairoon, uno dei principali schieramenti politici del Paese. I dimostranti si oppongono alla nomina a primo ministro del rappresentante della corrente sciita minoritaria, Mohammed Shia al-Sudani, filo-iraniano. Hanno indetto un sit-in permanente e hanno fatto sapere all’agenzia di stampa statale Ina che non lasceranno l’edificio “fino a nuovo avviso”. Il Parlamento è stato occupato sabato 30 luglio, quando in migliaia hanno assaltato la Zona Verde dove hanno abbattuto le barriere entrando nell'emiciclo. Le immagini diffuse dai media panarabi hanno mostrato le forze di sicurezza mentre tentavano di respingere i manifestanti sparando lacrimogeni e bombe sonore. In centinaia sono ugualmente riusciti a tirare giù i pezzi di cemento armato alti oltre tre metri che cingono il perimetro dell'area superprotetta, sede dei palazzi istituzionali e delle ambasciate straniere. Il bilancio è di almeno 125 feriti.
La crisi politica
In Iraq la crisi politica va avanti da dieci mesi: le parti non riescono a trovare un accordo per la nomina del presidente della Repubblica e per un nuovo primo ministro dalle elezioni dell’ottobre 2021. Il partito di Al Sadr aveva ottenuto più seggi ma il leader ha ritirato la sua delegazione parlamentare lo scorso 5 luglio dopo il tentativo fallito di mettere insieme una maggioranza in grado di eleggere il nuovo presidente. Per il ruolo di primo ministro la formazione sciita Quadro di Coordinamento dell'ex premier Nuri al-Maliki ha candidato l'ex ministro Mohamed Shia Al-Sudani. La proposta è però stata rigettata da Al Sadr che ha accusato il Quadro di Coordinamento di essere succube dell'influenza dell’Iran, Paese rivale storico dell’Iraq. Sullo sfondo, secondo gli analisti, c'è anche lo scontro personale tra lo stesso Sadr e Nouri al-Maliki. Si tratta di un confronto consumato anche nei palazzi del potere, dove nel corso degli anni gli opposti schieramenti hanno creato quello che i critici chiamano "Stato parallelo", che ha allontanato sempre più la popolazione dalla politica. Alle ultime elezioni si è recato alle urne solo il 43% degli elettori.
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L’appello delle Nazioni Unite
La missione Onu in Iraq fa appello alla calma e in un comunicato chiede alle parti di evitare ulteriori escalation e altra violenza. Si sono espressi anche i principali esponenti del governo uscente, a partire dal presidente Barham Saleh. La Lega Araba è stata netta con il segretario generale Ahmad Aboul Gheit che ha chiesto a tutti di anteporre gli interessi del Paese "a quelli di partito e personali".