Boris Johnson sempre più in bilico, raffica di dimissioni nel governo. Lui: "Vado avanti"

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In un giorno lasciano in 44. Il premier alla Camera dei Comuni esclude elezioni anticipate e dice: "Detesto l'abuso di potere ovunque avvenga, nel mio partito o in altri". Il leader laburista Starmer: "Chiunque altro si sarebbe già dimesso". Hanno già lasciato la squadra del premier, fra gli altri, il ministro Gove, il viceministro alla Famiglia Quince, il viceministro per gli Standard della Scuola Walker, John Glen, sottosegretario al Tesoro, il ministro della Sanità Javid e il cancelliere dello scacchiere Sunak

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Boris Johnson, nel Question Time del mercoledì alla Camera dei Comuni, ha ribadito di voler resistere per far sì che il suo governo "vada avanti" nel proprio lavoro e prosegua "ad attuare il programma", malgrado la raffica di dimissioni provocate in seno alla compagine Tory dai contraccolpi dello scandalo Pincher e la richiesta di un passo indietro arrivata da più parti. Sono 44 i membri dell'esecutivo, tra ministri, sottosegretari, segretari parlamentari privati, che nella giornata del 6 luglio hanno lasciato l'incarico: superato ampiamente il record del 1932, quando si dimisero 11 ministri in un solo giorno. Il premier ha negato la prospettiva di elezioni politiche anticipate: "Credo che nessuno le voglia in questo momento" di crisi globale. Poi ha aggiunto: "Detesto l'abuso di potere ovunque avvenga, nel mio partito o in altri". Ma non si placa l’onda lunga delle ribellioni interne ai Tory per l’ennesimo scandalo che colpisce Johnson, quello legato alla sua gestione del caso Pincher, deputy chief whip e fedelissimo del premier costretto a dimettersi la settimana scorsa per aver palpeggiato due uomini, fra cui un collega deputato, in un club per uomini. "Il compito di un Primo ministro in circostanze difficili, quando gli è stato assegnato un mandato colossale, è quello di andare avanti ed è quello che farò", ha affermato Johnson. "Con il senno di poi avrei dovuto realizzare che Chris Pincher non sarebbe cambiato", ha aggiunto, ammettendo di essere stato informato di accuse nei suoi confronti già nel 2019. Il governo britannico conta oltre 150 ruoli totali comprese le poltrone di minor peso, sull'insieme dei quali le dimissioni sono arrivate a una trentina. Ma il vero organismo di potere è il consiglio di gabinetto (circa 30 membri, una ventina dei quali con diritto di voto) in seno al quale gli abbandoni sono stati finora due: Rishi Sunak e Sajid Javid.

Le dimissioni

Dopo gli addii di ieri sera del ministro della Sanità Sajid Javid e del cancelliere dello Scacchiere - responsabile della politica economica - Rishi Sunak, sono usciti dalla squadra del premier altri membri. Fra questi Michael Gove, responsabile dello strategico portafogli del Livellamento delle Disuguaglianze Territoriali; Stuart Andrew, ministro per l'edilizia abitativa; Will Quince, viceministro responsabile del dossier della Famiglia e dell'Infanzia; Laura Trott, ministrial aide ai Trasporti (figura simile al nostro sottosegretario, ma con meno poteri), Robin Walker, viceministro per gli Standard della Scuola in seno al dicastero dell'Istruzione e infine John Glen, sottosegretario al Tesoro, che in una lettera dai toni molto duri ha affermato che "il Paese merita di meglio" e ha puntato il dito contro lo "scarso giudizio" mostrato dal primo ministro. Poi un'altra decina di membri junior dell'esecutivo, con rango equivalente all'incirca a quello di sottosegretario, hanno annunciato il loro addio dicendo di non poter più servire sotto il premier attuale. Mentre si moltiplicano le lettere di deputati Tory finora sostenitori di BoJo che affermano di non avere più fiducia in lui e gli chiedono di farsi da parte, inclusi ex ministri e brexiteer di spicco come Liam Fox o Robert Jenrick. I colleghi di Johnson – ancora sotto torchio per il Partygate - condannano il fatto che il premier, nonostante fosse già stato informato di accuse simili a carico di Pincher risalenti al 2019, come ha ammesso lui stesso, non avesse deciso di sollevarlo dai suoi incarichi politici. Anzi, da viceministro degli Esteri Pincher è passato all'importantissima carica di deputy chief whip, una sorta di custode della disciplina di maggioranza in Parlamento.

epa08520118 British Prime Minister Boris Johnson leaves 10 Downing Street to attend Prime Ministers Questions (PMQs) at the Houses of Parliament, Central London, Britain, 01 July 2020.  EPA/WILL OLIVER

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La richiesta di un passo indietro

Da più parti è arrivata a Johnson la richiesta di un passo indietro. Anche la ministra dell'Interno Priti Patel, super falco del governo Tory annoverata finora tra i lealisti irriducibili di del premier, gli ha chiesto stasera di dimettersi. Lo riferisce la Bbc. Johnson ha incontrato anche una mezza dozzina di ministri che gli sono rimasti fedeli in seno al consiglio di gabinetto: anche questa delegazione ha annunciato di voler chiedere al primo ministro di dimettersi.

Starmer a Johnson: "Chiunque si sarebbe già dimesso"

"Chiunque si sarebbe dovuto dimettere da tempo nella sua posizione", ha replicato il leader dell'opposizione laburista, Keir Starmer, durante il Question Time alla Camera dei Comuni rivolgendosi a Johnson. Poi ha attaccato il primo ministro per aver promosso "un predatore sessuale", riferendosi al recente caso Pincher, e per gli altri scandali come il Partygate. Starmer ha parlato di "comportamento patetico" di Johnson mentre la "nave affonda e i topi scappano", ricordando la raffica di dimissioni nell'esecutivo Tory e puntando il dito contro la "disonestà" di tutto il partito di maggioranza. Starmer ha poi fatto una ricostruzione molto cruda e dettagliata dello scandalo Pincher, con una descrizione esplicita della molestia che una delle vittime ha denunciato di aver subìto, e ha poi ricordato come la vicenda sia stata gestita dai vertici Tory, ignorando le accuse contro l'ex viceministro e la testimonianza di chi si era fatto avanti per denunciarne il comportamento. "Sono tutti seduti lì come se questo fosse normale", ha affermato il leader laburista riferendosi ai banchi occupati dalla maggioranza. Ha quindi dichiarato nel suo affondo finale, sempre prendendo di mira l'insieme dei deputati conservatori e in particolare quanti sostengono ancora il "bugiardo" Johnson: "Nel bel mezzo di una crisi il Paese non merita di meglio di pupazzi di cani che fanno di sì con il muso dietro i vetri delle automobili?".

Le scuse di Johnson

Johnson ieri si è scusato pubblicamente per non aver preso provvedimenti contro Pincher due anni fa, riconoscendo come “un errore” la sua permanenza nella compagine Tory. Il premier ha assicurato di non voler dare spazio ad alcun sospetto “predatore sessuale" nel suo esecutivo. Parole che non hanno convinto né i disertori del governo né gli avversari. Il leader laburista Keir Starmer chiede al Consiglio dei ministri di rimuovere Johnson dal suo incarico nell'interesse nazionale. Starmer, in riferimento al Partygate, sottolinea che Johnson ha dimostrato ormai più volte di essere un “bugiardo” e "psicologicamente incapace di cambiare". 

epa09880732 A handout photo made available by Ukrainian Presidential Press Service shows British Prime Minister Boris Johnson attends a meeting with Ukrainian President Volodymyr Zelensky in Kyiv, Ukraine, 09 April 2022. British Prime Minister Boris Johnson paid an unannounced visit to Kyiv on April 9 to 'show solidarity' with Ukraine a day after a missile strike killed dozens at a railway station in the country's east.  EPA/UKRAINIAN PRESIDENTIAL PRESS SERVICE / HANDOUT  HANDOUT EDITORIAL USE ONLY/NO SALES

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Cosa potrebbe succedere

Secondo quanto riporta la Bbc, l'unico iter legalmente vincolante per sfiduciare Johnson in seno al partito è quello di cambiare le regole sui tempi della ripetizione di un voto sulla leadership Tory. Fra le ipotesi c'è quella che il presidente del comitato 1922 - sinedrio del gruppo conservatore alla Camera dei Comuni incaricato di regolare le elezioni interne e che proprio stasera rinnova i suoi organi - possa andare domani da Johnson con delle lettere di sfiducia e intimargli l'alternativa fra le dimissioni e un cambiamento di statuto tale da permettere di sottoporre la sua leadership a un nuovo voto immediato, con la prospettiva pressoché certa di essere stavolta sconfitto. Ipotesi a cui tuttavia - spiega sempre la Bbc - il premier potrebbe rispondere presentando una mozione di scioglimento della Camera che - col sostegno dei deputati rimastigli fedeli e delle opposizioni - verrebbe approvata, mettendo i ribelli (e tutto il Partito Conservatore) di fronte al rischio di elezioni anticipate potenzialmente disastrose.

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