Uk, Johnson travolto dagli scandali: si dimettono Javid e il cancelliere dello Scacchiere
MondoDopo il Partygate tocca al caso Pincher, ormai ex deputy chief whip dei Tory che secondo il "Sun", dopo essersi ubriacato in un club, avrebbe palpeggiato due uomini. Il premier, accusato di averlo coperto per anni, ha chiesto scusa, ha ammesso di essere stato informato in passato di alcuni sospetti sull’alleato e ha detto che non allontanarlo prima è stato un “errore”. Ma non è bastato a scongiurare l’addio del ministro della Sanità e di Rishi Sunak, ai quali il primo ministro scrive: "Mi mancherete"
Non c’è più solo il Partygate: il governo di Boris Johnson, dopo tre anni al 10 di Downing Street, trema di fronte a un nuovo scandalo e alle dimissioni di due big del gabinetto Tory. La miccia, stavolta, è il caso di Chris Pincher, obbligato da alcune rivelazioni del Sun a dimettersi dalla carica strategica di deputy chief whip - una sorta di custode della disciplina di maggioranza in Parlamento - dopo essersi ubriacato in un gentlemen club di Londra, il Carlton, e aver "palpeggiato" due uomini, incluso un altro deputato. Uno scandalo gestito ancora una volta non nel migliore dei modi, che ha portato all’addio del cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak - titolare della politica economica e numero due de facto della compagine - e di Sajid Javid, ministro della Sanità, ex cancelliere ed ex responsabile dell'Interno. Johnson, rende noto il Guardian, ha inviato una lettera a entrambi dicendosi dispiaciuto per le loro dimissioni e scrivendo: "Mi mancherà lavorare con te nel governo". Poi ha nominato Steve Barclay, capo gabinetto di Downing Street, nuovo ministro della Sanità e Nadhim Zahawi, finora ministro dell'Istruzione, nuovo cancelliere dello Scacchiere.
Le scuse di Johnson
Sul caso di Pincher, Johnson - accusato di averlo coperto per anni - è stato costretto oggi a un'umiliante retromarcia rispetto alle dichiarazioni iniziali: ha ammesso di essere stato informato di almeno uno dei tanti sospetti precedenti circolati sull’ormai ex deputy chief whip ("Pincher di nome, pincher di natura", secondo la battuta che non ha negato di aver fatto in privato, giocando sul verbo inglese to pinch, traducibile come pizzicare o palpare), quando questi era viceministro degli Esteri fra il 2019 e il 2020. Ha chiesto di nuovo pubblicamente "scusa", ha giurato che non ci può essere spazio nel governo per alcun "predatore sessuale", ha definito "un errore" il mancato allontanamento di Pincher.
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Le dimissioni di Sunak e Javid
Parole che non sono bastate però a Sunak e Javid - neoconservatori di origini familiari rispettivamente indiane e pachistane - i quali in serata hanno deciso fosse arrivato il momento di abbandonare la nave, con due lettere di dimissioni dai toni severissimi verso Johnson. Sunak ha detto di essersi ormai reso conto di essere "troppo diverso" da Johnson: ci sono "standard di comportamento" che vanno rispettati, ha scritto, aggiungendo che occorre saper "dire la verità all'opinione pubblica" e che - fra guerra, effetto sanzioni, crisi economica globale e inflazione - il Paese "ha il diritto di aspettarsi una leadership di governo competente e seria" in vista di "sfide immense". Mentre Javid ha dichiarato di non avere "più fiducia" in Johnson e di "non poter più servire" in una squadra guidata da lui.
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Johnson sotto attacco
Dichiarazioni dure, dalle quali - secondo i political editor di molti media - Johnson potrebbe non riuscire più a scappare. Nessuno degli scenari possibili è a suo favore: si parla di un addio volontario, oppure di un cambiamento di regole interne ai Tories per riproporre un voto di sfiducia senza aspettare l'anno previsto dallo statuto dopo la resa dei conti di un mese fa. Ma sul piatto c’è anche un benservito del primo ministro firmato a maggioranza dei membri del consiglio di gabinetto, secondo l'opzione intimata in queste ore ai Tories dal leader rivale dell'opposizione laburista, Keir Starmer. A far crollare la linea difensiva di Downing Street sul caso Pincher è bastata una lettera di lord Simon McDonald, a suo tempo segretario generale del Foreign Office, che si è rivolto alla Commissione sugli standard di condotta ministeriali imputando al governo di "non aver detto la verità". La rivelazione di "una bugia plateale", secondo oppositori interni come sir Roger Gale, veterano di Westminster, preoccupato per il buon nome del suo partito. Qualcosa anche di peggio per Angela Rayner, combattiva vice leader del Labour di Starmer, pronta a rinfacciare a Johnson di aver "gettato la reputazione del Paese e del suo ufficio nel fango".