Siamo stati nel quartier generale della chiesa ortodossa ucraina di obbedienza moscovita, più volte accusata di essere troppo vicina alla Russia. Il metropolita ultimamente ha condannato l’invasione russa, ma restano molte ambiguità
Iscriviti alla nostra newsletter per restare aggiornato sulle notizie dal mondo.
L’identità ortodossa è centrale per l’identità nazionale ucraina. Il problema è che l’ortodossia ucraina è un ginepraio all’interno del quale è difficile districarsi. C’è la chiesa ortodossa ucraina autocefala, che non risponde a nessuno, c’è la chiesa ortodossa ucraina che dopo la guerra del 2014 ha deciso di obbedire al patriarca di Costantinopoli, e c’è la chiesa ortodossa ucraina che risponde al patriarca di Mosca. Quel Kirill sodale di Putin che più volte è intervenuto a favore dell’invasione russa chiamandola addirittura una guerra contro l’omosessualità. (GUERRA IN UCRAINA. LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA - IL RACCONTO DEGLI INVIATI)
"Il patriarca Kirill non ci ha ascoltato"
La chiesa ortodossa moscovita ha funzionato a lungo come una specie di soft power della Russia in Ucraina. Recentemente però il metropolita di Kiev ha segnato la distanza da Mosca, dicendosi in disaccordo con Kirill e chiamando al dialogo le due parti. Siamo stati nel loro quartier generale a Kiev, una enorme cittadella che per dimensione assomiglia al Vaticano, con diverse chiese e residenze, 350 monaci e altrettanti studenti, per avere una versione ufficiale. Il metropolita Kliment ci spiega quale sia: “Fin dall’inizio la nostra chiesa, il metropolita Onufrij, i vescovi hanno condannato l’aggressione russa e abbiamo più volte contattato il patriarca Kirill e alcuni politici russi per fermare questa guerra, ma non ci hanno ascoltato”. Se la posizione ufficiale è la condanna dell’invasione russa, la spiegazione sul perché stiano ancora sotto il patriarcato di Mosca è più fumosa: “Non è corretto dire che siamo sotto il patriarca Kirill – dice il metropolita - perché la chiesa ortodossa russa è indipendente nella sua amministrazione e da un punto di vista spirituale siamo collegati non solo con loro ma con altre 14 chiese nel mondo”.
Il messaggio al governo ucraino
Il metropolita ci fa presente come la chiesa ortodossa moscovita sia l’unica organizzazione esistente che ancora operi all’interno dei confini di quella che era l’Ucraina prima del 2014, Donbass e Crimea inclusi. Già il fatto che la Russia la tolleri sembrerebbe un indizio di partigianeria. E il messaggio al governo ucraino è velato, ma neanche troppo: imparate da noi, guardate alle persone non ai territori: "Penso che i politici ucraini avrebbero da imparare da noi su come rinnovare l’integrità del nostro paese. In che senso? Iniziando a non guardare ai territori ma alle persone. E parlare con le persone, ascoltare la loro voce. In questo dialogo si possono trovare alcuni punti in comune". Anche alla domanda, spontanea, visto che sono gli unici a saperlo, su come si viva nelle due parti del paese, sotto i russi o sotto gli ucraini, dal metropolita Kliment arriva una risposta vaga: "È difficile dire chi sta meglio dal punto di vista materiale o finanziario, ma adesso a Donetsk un prete è stato ucciso e questo spiega in quali condizioni sono i nostri fedeli lì".
Le ambiguità
Ora è evidente che in questo momento, con la Russia che ha occupato quasi un quarto del paese, chiedere al governo di non pensare ai territori può avere una dimensione esplosiva. Infine veniamo a una delle motivazioni principali che Putin ha messo a giustificazione di questa guerra. La persecuzione dei russi che andrebbero difesi dai nazisti al potere a Kiev. Anche in questo caso la risposta del metropolita Kliment ci sembra pilatesca o quanto meno generica: "Come in ogni paese, anche in Ucraina abbiamo avuto dei problemi interni, ma nessuno ha chiesto a Putin di risolverli". E qui torniamo al dissenso che la chiesa ortodossa moscovita sta mostrando rispetto all’invasione del 24 febbraio. Lì evidentemente una cesura c’è stata. Era però anche difficile ipotizzare una chiesa operante in Ucraina che non condannasse l’aggressione. Il risultato è che questo incontro ci lascia più dubbi che risposte. Ad esempio: perché, se è in dissenso con Kirill la chiesa ortodossa moscovita continua ad essere sotto al suo patriarcato? Come fa ad operare ancora nei territori controllati dai russi se anche la lingua ucraina lì è vietata?