
Guerra Ucraina, Paesi garanti neutralità: potrebbe esserci anche l’Italia. Cosa comporta
I negoziati sono ancora in corso. Nel vertice di Istanbul è arrivata la proposta di Kiev, disponibile ad accettare uno status di neutralità in cambio di garanzie di sicurezza sul modello dell'articolo 5 della Nato. Verrebbero quindi designati una serie di Paesi che avrebbero il ruolo di “garanti”. Ecco i possibili Stati che potrebbero avere questa responsabilità e come funzionerebbe il loro intervento

I negoziati per provare a fermare la guerra tra Russia e Ucraina sono ancora in corso. Nel vertice di Istanbul del 29 marzo è emerso che Kiev sarebbe disposta ad accettare uno status di neutralità in cambio di garanzie di sicurezza sul modello dell'articolo 5 della Nato. Quindi verrebbero designati una serie di Paesi che avrebbero il ruolo di “garanti”. Ecco cosa significa
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La proposta dell’Ucraina prevede l’accettazione della neutralità e l'impegno a non ospitare basi straniere. In cambio avrebbe il via libera alle sue aspirazioni di adesione all’Ue. Un negoziato a parte interesserà lo status di Crimea e Donbass. L’eventuale accordo di pace andrebbe sottoposta all'approvazione popolare attraverso un referendum e da blindare con un voto dei Parlamenti dei Paesi garanti, di cui dovrebbe far parte anche l'Italia
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Quattro passaggi e la base giuridica del capitolo VII della carta delle Nazioni Unite, quello riguardante le minacce alla pace. Sono questi i riferimenti che i Paesi garanti della neutralità ucraina, tra cui potrebbe esserci l'Italia, dovrebbero avere nel caso in cui si arrivasse ad un trattato internazionale sul suo status
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La futura neutralità dell'Ucraina, nel caso in cui si arrivasse ad un accordo con i russi, sarebbe garantita internazionalmente da alcuni Stati che si assumerebbero l'onere della sua "sorveglianza". Una responsabilità che, oltre ai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu (Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Cina e Russia), Kiev vorrebbe allargare ad altri Paesi, come Turchia, Israele, Germania, Polonia, Canada, Italia e chiunque altro voglia unirsi
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Una violazione o una minaccia alla sovranità ed all'integrità territoriale dell'Ucraina cosa comporterebbero per i Paesi garanti? "Non significa che scatta la guerra, non è la stessa clausola dell'articolo 5 della Nato sulla responsabilità collettiva", chiariscono diverse fonti
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Le garanzie di sicurezza sono il nodo più delicato delle trattative. A fornirle dovrebbero essere i Paesi garanti prevedendone il coinvolgimento militare diretto entro tre giorni in caso di minaccia, anche con una no-fly zone. Condizione non facile per il Cremlino, che non vuole far rientrare dalla finestra il principio di solidarietà dell'Alleanza atlantica

Cruciale sarà definire in quali circostanze può scattare l'intervento dei garanti, e fino a che punto potranno spingersi. In ogni caso, precisano gli ucraini, non si applicheranno a Donbass e Crimea, dove ci sono "questioni irrisolte"

Sarebbero previsti una serie di passaggi: il primo, l'obbligo di consultazione immediata tra i garanti, poi una valutazione/accertamento dei fatti, l'informativa al Consiglio di sicurezza dell'Onu per eventuali deliberazioni e poi, quarto, la messa in atto dell'assessment del Consiglio di sicurezza delle misure appropriate atte a far rientrare la minaccia e previste dalla carta dell'Onu

Dunque tutto il processo sarebbe "molto più internazionalizzato per accrescere il costo di una violazione", sottolineano le fonti, facendo presente che, essendo la Russia tra i garanti, anche tutti gli altri Paesi sarebbero meno esposti al rischio sotto "il grande cappello delle Nazioni Unite”

Poi, nell'ambito dei negoziati sul Trattato, si dovrebbero trovare delle formule per cui dovrebbero essere d'accordo sulle misure tutti i Paesi garanti, i due terzi, ma l'idea è che la procedura di consultazione dovrebbe già servire ad una decisione unanime sulle misure da prendere

I termini dell'accordo dovranno ottenere un doppio via libera: interno, attraverso un referendum, e internazionale, con la ratifica dei Parlamenti dei garanti, "per non ripetere l'errore del memorandum di Budapest", il trattato con cui nel 1994 Kiev accettò di smaltire il suo enorme arsenale nucleare, eredità del periodo sovietico, in cambio di un impegno internazionale alla sua difesa, risultato insufficiente