Hong Kong diserta il "voto dei patrioti”: l’affluenza crolla al 30%

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Molto bassa la partecipazione alle urne alle elezioni dei soli “patrioti”, le prime tenute con il nuovo sistema imposto da Pechino per affidare il controllo della città in mani sicure. Si tratta dei minimi storici per il voto di rinnovo del parlamento locale, il nuovo Consiglio legislativo (LegCo), eletto col modello revisionato

È crollata al 30,2% l'affluenza alle elezioni dei soli “patrioti” di Hong Kong, le prime tenute con il nuovo sistema imposto da Pechino per affidare il controllo della città in mani sicure. Nonostante le 14 ore di apertura dei seggi, soltanto 1.350.680 di elettori registrati ha votato su un totale di 4.472.863. Il minimo storico precedente risaliva al 2000, con un'affluenza complessiva prossima al 45%, mentre all'ultima tornata elettorale del 2016 il dato finale ha sfiorato il 60%.

Le parole di Carrie Lam

Il voto di rinnovo del parlamentino locale interessava 4,5 milioni di aventi diritto. Il nuovo Consiglio legislativo (LegCo), eletto col modello revisionato, "aumenterà l'efficacia amministrativa della Regione speciale e avvierà un nuovo capitolo per il buon governo", ha commentato la governatrice Carrie Lam, in una dichiarazione pubblicata a seggi chiusi, malgrado la scarsa partecipazione popolare. "Mi aspetto di collaborare con sincerità con la nuova LegCo, spingendo Hong Kong a progredire economicamente e a integrarsi nello sviluppo generale del Paese per migliorare i mezzi di sussistenza delle persone e fornire un contributo al Paese", ha aggiunto Lam.

Come funziona l’elezione

Le nuove regole della leadership comunista dedicate ai patrioti hanno estromesso, insieme alla repressione innescata dalla legge sulla sicurezza nazionale, il fronte pan-democratico. In più, è stato drasticamente ridotto il numero di seggi eletti direttamente, da 35 a 20 su un totale dell'assemblea salito da 70 a 90, mentre un rigido controllo sui candidati punta a definirne il patriottismo. Tra i seggi non eletti, 40 saranno decisi dal Comitato elettorale della città, di cui solo uno dei 1.448 componenti non è pro-Pechino, mentre i restanti 30 saranno assegnati ai gruppi di 'interesse speciale' (avvocati e commercialisti). Un totale di 153 candidati approvati dal governo si è presentato per i 90 seggi del Consiglio, con una maggioranza di figure pro-Pechino e solo una manciata di aspiranti moderati e non. Nelle ultime elezioni del 2016, il campo pro-democrazia conquistò 30 dei 70 seggi, a seguito del Movimento degli ombrelli del 2014 che chiedeva un cambiamento democratico nell'ex colonia britannica. Ma sulla scia delle proteste anti-governative nel 2019, spesso violente, il governo centrale ha invitato Hong Kong a estromettere i deputati ritenuti 'non patriottici' e a escludere 'le forze anti-Pechino' dalle leve del potere, a tutti i livelli.

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Lam va a Pechino

La governatrice di Hong Kong, Carrie Lam, parte oggi per Pechino per informare i leader statali "sull'ultima situazione economica, sociale e politica" nell'ex colonia britannica, all'indomani delle elezioni sul rinnovo del parlamentino locale (LegCo), le prime con il nuovo sistema per soli 'patrioti' imposto dal governo centrale. La missione si concluderà giovedì. I media locali di Hong Kong hanno indicato ieri un incontro per mercoledì tra la governatrice e il presidente Xi Jinping. Un'analoga trasferta nella capitale sarà fatta dal capo dell'esecutivo di Macao, Ho Iat Seng, da domani a venerdì: secondo i media cinesi, dovrà informare "i leader statali sul lavoro del governo locale fatto nel 2021 e sul progetto politico per il prossimo anno".

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