Un gruppo di persone, appartenenti alla milizia della Brigata Al-Samoud, ha circondato l'ufficio del primo ministro Abdul Hamid Dbeibah, mentre il presidente del Consiglio presidenziale Mohammed al Menfi ha richiesto l'intervento di una forza militare per proteggere la sua casa. Il leader della milizia ha detto: “Non ci saranno elezioni presidenziali e chiuderemo tutte le istituzioni statali”
Tensione in Libia a meno di dieci giorni dalle previste elezioni presidenziali che dovrebbero riportare la stabilità nel Paese. Nella tarda serata di mercoledì 15 dicembre, un gruppo di uomini armati ha circondato - senza entrarvi - la sede del governo a Tripoli e l'ufficio del premier Abdul Hamid Dbeibah. Secondo alcune fonti, sarebbero entrati nel ministero della Difesa. Il presidente del Consiglio presidenziale, Mohammed al Menfi, ha richiesto l'intervento di forze di sicurezza e, riferiscono i media libici, insieme ad altri membri dello stesso Consiglio è stato trasferito in un luogo sicuro dopo aver ricevuto informazioni sul piano delle milizie di assaltare le loro abitazioni.
La minaccia sulle elezioni
"Non ci saranno elezioni presidenziali in Libia, chiuderemo tutte le istituzioni statali", ha dichiarato il leader della Brigata al-Samoud, Salah Badi, misuratino nella lista nera del Consiglio di sicurezza dell'Onu dal 2018 per aver più volte tentato di rimuovere dal potere l'allora Governo di unità nazionale di Fayez al Sarraj e per aver condotto azioni armate nella capitale causando vittime civili. Badi ha anche lanciato un duro attacco contro la Consigliera speciale delle Nazioni Unite, Stephanie Williams, che nei giorni scorsi si era recata a Misurata per incontrare le autorità locali, ma anche leader militari e di gruppi armati, in vista delle elezioni. "Il suo ruolo in Libia è criminale", ha detto Badi criticando l'intero processo elettorale.
Gli scontri tra le fazioni
Parti della capitale sono rimaste senza elettricità. A far scoppiare una tensione latente e mai sopita tra le varie fazioni armate del Paese, sarebbe stata la decisione dello stesso Menfi, in qualità di Comandante supremo delle forze armate, di sollevare dal suo incarico il comandante del distretto militare di Tripoli, Abdel Basset Marwan, vicino a potenti milizie locali, e di nominare al suo posto il generale Abdel Qader Mansour.
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Cosa succede ora
Le elezioni, che dovrebbero traghettare la Libia fuori dal caos a dieci anni dalla caduta di Muammar Gheddafi, erano già appese a un filo dopo che sabato scorso a due settimane dal voto l'Alta Commissione elettorale libica (Hnec) aveva annunciato il rinvio sine die della pubblicazione della lista definitiva dei candidati presidenziali spiegando di dover ancora "adottare una serie di misure", ma bloccando di fatto anche la già breve campagna elettorale. Sembra dunque sempre più improbabile che alla vigilia di Natale si svolga la sfida fra il generale Khalifa Haftar, il figlio del colonnello Seif al Islam Gheddafi e lo stesso premier Dbeibah. Una corsa potenzialmente allargata al presidente del parlamento di Tobruk Aqila Saleh, all'ex ministro dell'Interno Fathi Bashagha e al già vicepremier Ahmed Maitig. Il voto potrebbe quindi slittare al 2022.