Dopo l'inaspettata mattanza del 12 settembre, il primo ministro Steig Nielsen annuncia una revisione della tradizione e del ruolo di questi animali nella società. Ribadendo, però, la sostenibilità della tradizionale "caccia alle balene" e la straordinarietà dell'ultimo branco arrivato a Torshavn
Le immagini della mattanza di delfini del 12 settembre, giorno della ‘Grindadrap’ faroese, hanno fatto il giro del mondo e sollevato polemiche che non potevano rimanere inascoltate troppo a lungo. Infatti, il primo ministro delle Faroe, Bardur a Steig Nielsen, ha deciso di rimetterla in discussione: “Anche se è considerata sostenibile a livello internazionale, esamineremo da vicino la caccia ai delfini e il ruolo che dovrebbero avere nella nostra società. La caccia ai delfini non fa parte della della nostra tradizione quanto quella delle balene".
Vecchie tradizioni e nuove regole
La secolare tradizione norrena della caccia alle balene quest’anno ha portato all’uccisione di quasi 1500 delfini. Nielsen ha cercato di spiegare nel comunicato il perché di un numero talmente elevato, basando la sua motivazione sulla grandezza straordinaria del branco attirato sulla battigia di Skalabotnur, nell'isola di Eysturoy (una delle 18 che compongono l'arcipelago delle Faroe): almeno tre volte maggiore del più grande mai registrato. La ‘grind’, già messa in discussione in passato, è stata oggetto di regolamentazione e restrizioni più volte negli ultimi anni. Ultima, l’introduzione dell’obbligo per i cacciatori di possedere un certificato di formazione ufficiale che abilita all’uccisione degli animali. Tra questi, i più colpiti nell’ultima battuta di caccia sono stati i globicefali (o ‘pilot whale’): una specie di delfino dai comportamenti simili a quello delle balene.