11/9 Stories, l'ex studente UCLA: tutto è cambiato. E nulla è tornato come prima

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Valentina Clemente

"Quel giorno ha cambiato radicalmente le nostre vite, in un istante TUTTO è cambiato. Sono bastati soltanto pochi minuti. E tutto questo, già allora, mi è sembrato qualcosa di assurdo. Perché ad un certo punto pensi: forse tutto tornerà come prima, ma in cuor tuo sai che non accadrà". Mario Bassani viveva a Los Angeles e, pochi giorni dopo l'11 settembre ha iniziato il primo anno di college a UCLA, parte del team di atletica. Dopo l'11/09, anche fare le gare in altre università americane è stato complicato

Ho conosciuto Mario Bassani nell'aprile 2005, quando studiavo alla University of California Los Angeles e, da allora, è uno dei miei più cari amici. L'ho seguito nella sua carriera prima di atleta, poi da manager sportivo, la sua occupazione attuale. Nel 2001 Mario aveva 18 anni e si stava trasferendo da Orange County a Westwood, per iniziare l'università. Mi ha sempre incuriosito sapere cosa pensasse dell'11 settembre uno studente che viveva a ore di volo da New York, sulla costa occidentale americana, così diversa ma soprattutto così lontana. Ecco, ce l'ha raccontato lui, my friend Mario, in questa intervista.

Mario, ti ricordi dov'eri l'11 settembre, vent'anni fa?

 

È davvero strano che siano già passati vent'anni, ci riflettevo oggi. Onestamente stavo dormendo, era molto presto la mattina sulla costa occidentale, in California. Mia madre in quel periodo lavorava di notte come infermiera e mio padre era andato a prenderla. Ero solo a casa, addormentato nel mio letto e il telefono ha iniziato a suonare. Dentro di me dissi: risponderà qualcun altro. E il telefono ha squillato di nuovo, così sono uscito dal letto e ho risposto: era mia madre che mi diceva di accendere la tv. Così l'ho accesa e a quel punto il primo aereo aveva già colpito le torri. Questa è l'estate prima che partissi per l'università, stavamo ultimando la transizione da casa all'università, ed è stata una sensazione così surreale sapere che due settimane dopo me ne sarei andato via di casa . In quel momento, però, non sapevamo se era un attacco terroristico o altro. A quel punto ho pensato che fosse solo un incidente, un aereo aveva colpito le Torri Gemelle, era molto strano. E quando il secondo ha colpito le torri, ci siamo resi conto che era qualcosa di più grande e un problema reale. A quel punto abbiamo anche scoperto dell'aereo del Pentagono, e mio zio lavorava al . Non siamo riusciti a contattarlo, a nessuno per capire cosa stava succedendo, se stava bene, cosa stava succedendo. Era solo molto strano. Anche per noi, trovarci così lontani da lui, ma nello stesso paese, doverci affrontare in quel modo è stato... non lo so, è stato strano.

HOBOKEN, NJ - MAY 15: The sun sets behind an American Flag on May 14, 2020 in Hoboken, New Jersey. (Photo by Gary Hershorn/Getty Images)

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Eri fisicamente lontano, ma moralmente vicino a New York...

 

Quando le Torri hanno iniziato a crollare, eravamo tutti incollati alla televisione. In ogni parte del mondo, dalla California all’Italia: eravamo tutti increduli. Penso spesso a quelle immagini, le persone che saltano fuori dagli edifici, il caos delle persone per le strade, i vigili del fuoco che si precipitano nel tentativo di far uscire la gente dai palazzi: è tutto ancora impresso nella mia mente. Ricordo a malapena di aver visto un replay. Ero un ragazzino di 18 anni e per un po' non ho sentito l’eco di quanto era successo. Ora capisco cosa è iniziato quel giorno: ci sono state due guerre, una è stata la più lunga nella storia americana. Penso soltanto che, dopo l’11 settembre, fossimo veramente tutti spaventati. E lo siamo restati a lungo perché non sapevamo cosa sarebbe accaduto ancora. Pensi: se mentre sono in auto mi succede qualcosa? Oppure cammini e ti trovi in una situazione difficile da gestire? In quel momento ero solo grato di essere a casa con la mia famiglia. Ripensandoci ora, ho provato molte sensazioni. E tutte diverse. Voglio dire: noi personalmente, come famiglia, eravamo preoccupati per mio zio, il fratello di mio padre, che lavorava al Pentagono e non riuscivamo a metterci in contatto con lui, le linee telefoniche non funzionavano.

Nikkolas Smith - Ph

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In un istante tutto è cambiato

Come è stata influenzata la tua vita dopo? Tua madre è stata coinvolta in qualcosa di più grande, anni dopo

 

L'esercito è sempre stato una parte enorme della mia vita familiare. Mia madre è stata per 25 anni un ufficiale nell'esercito. Durante Desert Storm e all'inizio degli anni novanta fu impiegata come infermiera in uno degli ospedali per prendersi cura dei feriti. Il fatto che mio zio fosse direttamente coinvolto nell'attacco al Pentagono mi ha riportato alcuni di quei sentimenti. E quando abbiamo scoperto che si trattava di un attacco terroristico, l'amministrazione Bush ci ha detto che era direttamente collegato a Saddam Hussein, l'abbiamo capito. Io avevo solo 18 anni e, improvvisamente ho pensato: mi chiederanno di arruolarmi per andare a combattere questa guerra imminente? Chi sa come sarà? Poi si è verificato l'Afghanistan. Ha riportato molta paura. Mesi dopo, fino a due anni dopo, le nostre vite sono cambiate in modo così drammatico. Ricordo in particolare, due settimane prima che accadesse, il mio migliore amico è andato all'università e tutto il nostro gruppo di amici è andato all'aeroporto per salutarlo. Eravamo tutti insieme, c'era solo un metal detector e basta. Dritti al gate, con gli amici, abbracciati, a farci gli scherzi. Poi il buio. E poi in un batter d'occhio tutto è cambiato. Il modo in cui viviamo oggi è cambiato in pochi minuti, ore. E mi è sembrato qualcosa di assurdo. Perché ad un certo punto pensi: forse tornerà come prima, ma non succederà

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