Il generale a capo del Comando operativo di vertice interforze: “Avremmo voluto portare via tutti quelli che desideravamo, ma nei tempi e nei limiti che ci sono stati imposti abbiamo condotto per mano tutti quelli che abbiamo potuto"
“Ora l’impegno nazionale e della comunità internazionale nei confronti dell’Afghanistan deve continuare, non deve rimanere isolato pena la ricreazione del terreno fertile per il terrorismo internazionale e per i traffici illeciti. Noi nel nostro piccolo continuiamo a rimanere in contatto con tutti coloro che non sono riusciti a superare quel muro e coglieremo ogni opportunità per garantire a coloro che sono rimasti o spostati in nazioni confinanti la possibilità di un futuro migliore, magari nel nostro Paese”. E' quanto dice a Sky TG24 il generale di Corpo d’Armata Luciano Portolano, comandante del Covi, il Comando operativo di vertice interforze, ospite di ’Buongiorno’ (GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA DALL'AFHANISTAN – LO SPECIALE).
"Numerose difficoltà per lasciare l'Afghanistan"
“Numerose sono state le difficoltà per pianificare questa operazione che abbiamo superato con il mio staff ma anche con il contributo di molti attori esterni - ha detto il generale - La pianificazione ha visto convolto anche il nostro ministro della Difesa che costantemente ha seguito lo sviluppo delle attività e devo dire che ha espresso in ogni circostanza la sua vicinanza".
“E’ stata - ha inoltre aggiunto il comandante del Cov - un’appendice finale di un impegno italiano iniziato nel 2001 (LE TAPPE). che ha visto la componente nazionale essere parte dell’operazione Aisaf poi sviluppatasi in un’operazione di assistenza, addestramento e consulenza e conclusasi con Resource support in un modo un po’ inconsueto rispetto a quelle che sono le dinamiche militari non basandosi sulle condizioni che dettano lo sviluppo dell’operazione, bensì in tempi molto ristretti che hanno imposto una chiusura della nostra presenza in Afghanistan dal 28 Giugno con un piano di trasferimento di tutti i collaboratori”. “Piano - ha continuato Portolano -che si è poi trasformato in un piano di contingenza ed evacuazione, inizialmente selettivo per i nostri collaboratori e quelli del ministero degli Esteri, e poi divenuto di massa che comprendeva “attivisti, sportivi, intellettuali, studenti universitari, religiosi”. Una pianificazione che è stata affrontata con determinazione e tempestività che ha visto un rientro in Italia, compatibilmente con i tempi che sono stati imposti, di 5011 evacuati di cui circa 4900 afgani”.
“Non siamo riusciti a salvare tutti quelli che desideravamo"
“Avremmo voluto portare via tutti quelli che desideravamo - ha inoltre spiegato Portolano - Ma nei tempi e nei limiti che ci sono stati imposti purtroppo abbiamo condotto per mano tutti quelli che abbiamo potuto. E’ stata un’operazione dal punto di vista umano estremamente impegnativa. Posso dire che tutti i 1500 militari che hanno partecipato a questa operazione vivono sensazioni contrastanti. Da una parte la gioia di aver salvato la vita di amici e collaboratori dall’altra quel senso di impotenza che deriva dal non essere riusciti a salvarli tutti”.
“Rigetto - ha poi puntualizzato - la posizione di fallimento della componente militare che dal 2021 è intervenuta in Afghanistan a seguito dell’attacco alle Torri Gemelle. E da allora con impegno, professionalità, senso di responsabilità e con competenza ha partecipato a tutte le attività inerenti alla lotta al terrorismo, al ripristino delle condizioni di sicurezza, alla stabilizzazione e alla ristrutturazione. E’ una missione che ha raggiunto tutti i suoi obiettivi, ma vorrei sottolineare l’aspetto della cooperazione civile e militare che si è integrata con tutti i progetti della cooperazione internazionale. Siamo intervenuti nella costruzione di scuole, ospedali e infermerie, abbiamo incrementato la capacità della rete viaria e idrica. Ma mi preme sottolineare il miglioramento delle condizioni delle donna, in un Paese in cui la donna ha sempre avuto un posto non di primo piano”.