
La costola asiatica di Daesh è attiva nella Provincia del Khorasan, l'antico nome persiano del territorio che dall'Iran abbraccia anche Afghanistan e Pakistan. Nata nel 2015, è responsabile di centinaia di morti in scontri armati e stragi. Tanti gli attriti anche con i talebani, che dopo l'accordo di Doha sono considerati dei "traditori"

Come spiegato dalle intelligence occidentali, c'è la mano dell'Isis-Khorasan dietro all'attentato all'aeroporto di Kabul, che il 26 agosto ha provocato decine di morti e feriti. Il gruppo terroristico ha rivendicato la paternità dell'attacco e ha pubblicato la foto di uno dei kamikaze
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Già da giorni erano arrivati allarmi sull'afflusso di combattenti jihadisti nella capitale afghana, infiltratisi in maniera indisturbata grazie al caos in cui regna la città (In foto, un ferito dopo l'attentato)
Afghanistan, le immagini della strage a Kabul
La costola afghana dell'Isis - attiva nella Provincia del Khorasan, l'antico nome persiano del territorio che dall'Iran abbraccia anche Afghanistan e Pakistan - è stata protagonista di decine di scontri armati con gli ex governativi e i talebani, ed è responsabile di un numero elevato di omicidi mirati
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Fino allo scorso anno si riteneva che l’organizzazione fosse stata disarticolata, potendo ormai contare solo su una manciata di operativi. Nel maggio 2020, le forze afghane catturarono peraltro il capo dell'organizzazione, Zia-Ul-Haq, noto anche come Abu Omar Khorasani

Il gruppo è nato nel 2015 dalla fusione tra una costola del Ttp pachistano e alcuni fuoriusciti talebani. Da quell'anno, l'organizzazione ha perso sei leader - tutti uccisi o catturati - e oltre 550 'ufficiali'

Sembrava quindi un capitolo chiuso nel processo di orientalizzazione dell'Isis cominciato dopo le sconfitte in Medio Oriente e Nord Africa, che hanno spinto l'organizzazione a ricostituirsi tra le montagne afghane piuttosto che in Indonesia e nelle Filippine

Un fenomeno che ha determinato non solo l'arrivo di decine di reduci nelle province remote dell'Afghanistan e del Pakistan, ma anche un afflusso costante di migliaia di dollari, che ha garantito alla costola del Khorasan la capacità di insinuarsi tra le maglie del conflitto afghano e di fare proseliti, man mano che si delineava l'accordo di Doha tra i talebani - bollati come traditori - e gli Stati Uniti

Lo scorso anno l'Isis - attraverso un organo di propaganda nato per l'occasione, radio Voice of the Khorasan - ha nominato leader Shabab al-Muhajir, il primo capo non afghano o pakistano, come indicato dal nome. Sarebbe nato in Siria o Iraq, e avrebbe un passato da combattente tra le file di al Qaeda proprio in Afghanistan e Pakistan

Si tratterebbe di un veterano esperto nei combattimenti in aree urbane. E proprio a lui sarebbe da imputare la resurrezione dell'Isis. Muhajir ha esordito con un attacco alla prigione di Jalalabad, un assalto durato oltre venti ore e che ha portato alla liberazione di centinaia di prigionieri, in gran parte jihadisti ma anche talebani

Il gruppo si abbatte su tutti gli avversari, dai soldati ai talebani, dagli sciiti alle minoranze. Lo scorso 8 maggio sono state massacrate oltre 85 studentesse "colpevoli" di appartenere all'etnia Hazara. I jihadisti hanno anche attaccato con autobomba e IED la scuola Sayed al-Shuhada a Kabul. Un'anticipazione di quanto accaduto all’aeroporto della capitale il 26 agosto