Vaccini anti-Covid, Austria a caccia di dosi mentre salgono ricoveri in terapia intensiva

Mondo

Chiara Piotto

Il dibattito con l'Unione europea, le trattative con la Russia, il dialogo con Israele. Il Paese si muove su più fronti per accelerare la campagna di somministrazioni, mentre il Governo proroga il lockdown in ragione della situazione difficile segnalata dagli ospedali. Il nostro reportage:

Non c'è rumore all'Austria Center di Vienna. L'eco dei congressi e degli eventi si è spento da oltre un anno. Quello dei cittadini che arrivano per vaccinarsi è ordinato, scandito dalle solite domande: "Tessera sanitaria?", "Ha portato una penna?". Nel centro di vaccinazione pubblico più grande della capitale austriaca si fanno 6mila somministrazioni al giorno: dopo la prenotazione si arriva all'orario prestabilito, si fa un breve colloquio medico e si entra in una delle decine di cabine viola. Poi si attende circa mezz'ora per verificare che non ci siano sintomi avversi e si va via. Ordinato, pulito, efficiente.

La mancanza di dosi, le trattative con Ue, Israele e Russia

Seimila dosi al giorno, ma ci sono personale, spazio e attrezzature per farne fino a 30mila al giorno. "Mancano le dosi, noi siamo pronti", ci conferma Susanne Drapalik, capo medico dell'associazione Samariterbund che coordina i lavori all'interno della gran parte dei centri di vaccinazione. Anche Renée Gallo-Daniel, presidente dell'Associazione che rappresenta tutte le aziende produttrici di vaccini in Austria (ÖVIH), deve ammettere che la mancanza di dosi è il problema principale per il Paese: "Usiamo Pfizer, Moderna e AstraZeneca, attendiamo Johnson&Johnson. Ma la nostra situazione è particolare perché nella prima fase di chiusura dei contratti, avevamo chiesto meno dosi di Pfizer. Ora dobbiamo discutere con l'Unione europea per averne di più", ci dice. L'Austria, in particolare il Cancelliere Sebastian Kurz, è stata molto criticata per questo: per aver fatto male i calcoli, puntando su AstraZeneca - che infatti non era mai stato sospeso nel Paese, come fatto da Germania, Francia e Italia - perché più economico e semplice da somministrare, cercando poi di riottenere più dosi di Pfizer dopo i problemi legati al vaccino anglo-svedese. Altro tema di critica da parte Ue, il dialogo aperto al fianco della Danimarca con Israele: "Non per avere più dosi nell'immediato, dato che Israele non le produce", spiega Gallo-Daniel, "ma per capire come si erano organizzati, la chiave del loro successo. E condividere risorse e ricerca per produrre più vaccini in Austria nel futuro". La ricerca di dosi del Governo si è spinta fino alla Russia: Kurz ha annunciato di aver ordinato un milione di dosi del vaccino Sputnik, senza aspettare l'approvazione dell'Ema. 

 

centro vaccinazioni
Le cabine per le vaccinazioni allestite nell'Austria Center di Vienna

Tempi per la seconda dose dilatati

Nel frattempo bisogna sfruttare al massimo le dosi disponibili: se le percentuali di vaccinazione della popolazione sono simili a quelle italiane (qui la dashboard del Governo), il Comitato vaccini del ministero della Salute austriaco ha deciso di ampliare a 6 settimane la tempistica tra una dose e l'altra dei vaccini Pfizer e Moderna, per poter distribuire più massivamente la prima. "Ciascuna Regione dell'Austria ha un proprio sistema di gestione, una propria piattaforma informatica - ci spiega uno dei membri, il Professor Michael Kundi dell'università medica di Vienna -  e questo non ha aiutato nel mettere in atto strategie efficaci. Avremmo preferito un sistema sanitario più centralizzato, ma non è così".

Il reportage

Come funziona la strategia vaccinale in Germania

Università di medicina di Vienna
Un'aula dell'università di Medicina di Vienna

Le misure del lockdown

Per frenare la corsa del virus nel Paese, però, non bastano i vaccini: pur se con fatica a fine marzo il Governo è stato costretto a posticipare la fine del lockdown, previsto prima di Pasqua, alla fine di aprile. Un lockdown che riguarda la quasi totalità del territorio nazionale (vige un sistema a colori tra le varie regioni, simile a quello italiano, ma il Paese è quasi tutto rosso) che prevede coprifuoco serale, chiusura di cinema e teatri, stop agli eventi e alla ristorazione, ma che consente l'apertura di scuole, musei e negozi e non prevede l'obbligo di mascherina all'aperto. Quando la mascherina è obbligatoria, però, sui mezzi pubblici o nei negozi, non basta la chirurgica, ci vuole la FFP2. E alcuni servizi, come parrucchieri ed estetisti, richiedono ai clienti un test rapido negativo non più vecchio di 48 ore. I test tra l'altro sono vivamente incoraggiati dal Governo e sono stati resi gratuiti per tutti i residenti in Austria: non solo trovare centri e farmacie che li offrono è facilissimo, ma nelle aree meno centrali sono stati installati dei container chiamati checkbox dove è possibile testarsi e avere un colloquio con un medico di famiglia.

centro test vienna

Terapie intensive Covid mai così piene

La variante inglese del virus è ormai dominante nel Paese. E quello che più preoccupa è l'effetto sulle terapie intensive: "Siamo al livello di occupazione raggiunto al picco della seconda andata, e i numeri sono in salita", ci conferma il Dott. Klaus Markstaller, presidente della Società austriaca per le Terapie intensive. "Da ciò che vediamo e dalle nostre proiezioni sappiamo che peggiorerà, verso metà aprile toccheremo un livello di stress mai raggiunto da inizio pandemia. La variante britannica del virus è più aggressiva e contagiosa, a volte i pazienti arrivano direttamente in terapia intensiva perché i loro sintomi peggiorano molto velocemente. E sono più giovani: prima avevano in media 65-70 anni, ora 50. Abbiamo ricoverati pazienti dai 20 ai 55 anni, di fatto la popolazione che lavora. Siamo preoccupati, ma ci stiamo preparando. Il problema a questo punto non è lo spazio, né l'attrezzatura tecnica, ma il personale qualificato: in parte si può spostare, ma creando gravi deficit negli altri reparti", conclude. 

L'ospedale di Vienna

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