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Brexit, cresce la tensione in Irlanda del Nord. Pace a rischio?

Mondo

Tiziana Prezzo

E’ in quella parte di Uk più lontana da Londra, a Belfast, che si stanno facendo sentire gli effetti più pericolosi dell’uscita del Regno Unito dalla Ue. Milizie paramilitari unioniste hanno dichiarato di non riconoscere più, per quanto “temporaneamente”, gli accordi di pace del ‘98.  Ed è crisi diplomatica con Bruxelles, dopo la decisione presa dal governo di Boris Johnson di estendere il “periodo di grazia” fino ad ottobre

“Si vis pacem para bellum”, dicevano i latini. Se vuoi la pace, preparati alla guerra. Sarà. Ma la lettera inviata dalle milizie paramilitari unioniste dell’Irlanda del Nord al premier britannico Boris Johnson -  nella quale affermano di non riconoscersi più negli accordi del Venerdì Santo del ’98 - la pace sembra allontanarla, eccome. Una pace, in Irlanda, sempre fragile, delicata, da maneggiare con attenzione e cura, costata la vita di migliaia di persone e un dolore che è ancora misto a rabbia che cova sotto la cenere.

 

Il premier Johnson: "situazione risolvibile col buon senso"

 

Johnson semplifica, minimizza – come spesso gli è capitato di fare in passato, anche con la pandemia - e dice che gli attuali disagi provocati dalla Brexit e da un confine che si andrà a creare di fatto all’interno dello stesso Regno Unito sono “risolvibili con la buona volontà e il buon senso”. Per ora, però non è riuscito a fare niente di meglio che eludere il problema.  Fallita l’operazione del Market Bill lo scorso autunno (che avrebbe rinnegato l’accordo con la Ue di mantenere l’Irlanda del Nord per almeno altri quattro anni all’interno del mercato unico e di creare un confine marittimo nel tratto di mare che divide le due isole) ora temporeggia. Downing street ha infatti deciso in maniera unilaterale di prolungare il cosiddetto “periodo di grazia” (nessun controllo dalla Gran Bretagna verso l’Irlanda del Nord) di sei mesi, fino ad ottobre, non rispettando quindi la data del primo aprile.

 

La scelta unilaterale di Londra che irrita Bruxelles

 

Tutto questo dopo aver sostituito il falco della brexit, Michael Gove, con uno ancora più radicale come lord David Frost (l’ex negoziatore, il “controcanto britannico” di Michel Barnier, per intenderci) in qualità di ministro per le relazioni con l’Europa. Nella giornata di ieri Maros Sefcovic,  vicepresidente della commissione europea incaricato delle relazioni con il Regno Unito,  ha espresso “forte preoccupazione" per le misure adottare. Ancora più pesante ci è andato il ministro degli Esteri irlandese che ha osservato come “di certe persone l’Ue non si può fidare”. Per ovvie ragioni l’Eire ha sempre cercato di fare da mediatore tra Londra e Bruxelles, durante gli estenuanti anni delle trattative per la Brexit. Ora però la pazienza sembra essersi esaurita anche a Dublino.

 

Slitta il voto del Parlamento europeo su Brexit

Al di là dei battibecchi e delle frizioni diplomatiche, quello che però si fa fatica a capire è che la vera Brexit inizia ora. Ora che gli scaffali dei supermercati di Belfast rischiano di rimanere vuoti perché il cibo rimane ingolfato ai controlli, ora che il personale dei porti di Belfast e Larne viene minacciato di morte, e scritte inquietanti, fresche di vernice, tornano a comparire sui muri. Esattamente come  trent’anni fa.

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