Brexit, tra Ue e Regno Unito scoppia la “guerra delle acque”

Mondo

Tiziana Prezzo

Nonostante le rassicurazioni del governo guidato da Boris Johnson, il settore della pesca in Uk è in forte sofferenza, con le esportazioni di ostriche e altri molluschi bivalvi verso il continente di fatto bloccate. E Londra studia ora possibili ritorsioni contro l’Europa.

Come non era forse difficile prevedere, c’è voluto davvero poco tempo perché le prime incomprensioni e frizioni tra Regno Unito e  Unione europea emergessero una volta che, al fotofinish, l’accordo per la Brexit, alla vigilia di Natale, è stato siglato. Un accordo che, vale la pena ricordare, la Ue deve ancora votare. Primo terreno di scontro è stata la distribuzione di vaccini anti covid-19, con scambi di accuse reciproche e la minaccia, subito rientrata, da parte dell’Unione europea di riattivare un confine tra Irlanda e Irlanda del Nord che non esiste più dai famosi accordi del Venerdì Santo.

 

La “guerra delle acque”: stop a ostriche e acque minerali

Ora siamo però a quella che nel Regno Unito è già stata ribattezzata come la “guerra dell’acqua”. Secondo quanto riporta il Daily Telegraph, il governo britannico starebbe valutando la possibilità di ridurre l’importazione dal continente dell’acqua minerale (Perrier, Evian, ma anche San Pellegrino, tra le altre) come forma di ritorsione al blocco dell’importazione sul continente di ostriche e altri molluschi bivalvi dalle cosiddette “acque in classe B”. Tra queste, ci sono le coste della Cornovaglia. Le comunità locali avevano votato in massa per il Leave, convinti che proprio il settore della pesca, tra altri, ne avrebbe beneficiato. L’amara verità è però un’altra: proprio in base all’accordo raggiunto, sulla base di motivazioni sanitarie, l’Unione europea  può bloccare le importazioni di questo tipo di alimenti da paesi terzi, come è appunto ormai il Regno Unito.

 

Pescatori e piccole aziende prossimi alla rovina

E il settore è ora in ginocchio: la maggior parte delle attività ha dovuto chiudere i battenti e i 23 milioni di aiuti promessi dal governo potrebbero non risultare sufficienti a salvare il salvabile. L’esportazione di molluschi bivalvi può essere considerata tutto sommato di secondaria importanza se si guarda solo ai numeri (vale 15 milioni di sterline, una frazione  del complessivo mercato dei crostacei), ma diventa una questione di sopravvivenza se la si guarda con gli occhi di quei pescatori che hanno affidato la loro vita, hanno stipulato mutui, pensando di poter contare su entrate che sono state brutalmente interrotte con l’anno nuovo e il definitivo addio del Regno Unito all’Unione Europea. Ora spetta a Downing Street correre ai ripari. Ma una strategia fatta di ritorsioni non sembra la migliore possibile per risolvere in maniera duratura il problema.

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