Proteste a Barcellona, ordinato carcere preventivo per i sei italiani arrestati

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Un giudice catalano ha ordinato un provvedimento di custodia cautelare, senza possibilità di uscire su cauzione, per tutti sei gli italiani arrestati sabato nella città catalana durante le proteste per l'arresto del rapper Pablo Hasél. L'accusa è di tentato omicidio, aggressione a pubblici ufficiali, appartenenza a gruppo criminale, manifestazione illecita e disordini pubblici

È scattato nella notte il carcere preventivo, senza possibilità di uscire su cauzione, per i sei italiani arrestati a Barcellona per i disordini a seguito dell'arresto del rapper catalano Pablo Hasél. I giovani, cinque uomini e una donna, sono accusati di tentato omicidio per aver agito in gruppo durante le proteste e in modo violento. Secondo le forze dell'ordine catalane si tratta di individui legati a movimenti anarchici: oltre a danneggiare sportelli bancari, negozi e arredi urbani, sono stati loro, hanno denunciato i Mossos d'Esquadra, a dare fuoco a un furgone della Guardia urbana con un agente all'interno, che poi è riuscito a scappare senza subire conseguenze.

 

Chi sono gli italiani arrestati

Tra i sei fermati italiani, cinque uomini e una donna, con un'età tra i 28 e i 35 anni, c'è una videomaker underground e tre squatter torinesi. Gli italiani arrestati erano in Spagna da tempo, si apprende da fonti a conoscenza delle indagini. Lunedì la polizia catalana aveva perquisito due fabbriche occupate nelle località catalane di Canet de Mar e Mataro, "in presenza dei fermati": secondo il quotidiano La Vanguardia, gli italiani si erano stabiliti nella prima delle due da almeno un mese. Il consolato italiano a Barcellona, in accordo con l'ambasciata italiana a Madrid, è in contatto con la magistratura e gli inquirenti per prestare assistenza ai fermati.

 

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Quella di sabato è stata solo l'ultima di una lunga serie di notti di proteste non solo nel capoluogo catalano ma anche in altre zone della Spagna partite dopo l'arresto di Pablo Hasél, condannato per apologia di terrorismo e ingiurie contro la monarchia e sfociate poi in un forte e crescente malcontento. Questa tensione sociale ha provocato ripercussioni anche sul piano politico, in particolare in Catalogna, in una fase delicata in cui la regione, dopo le recenti elezioni, è impegnata in complicate trattative tra i partiti indipendentisti alla ricerca della formazione di un nuovo governo. Trattative ulteriormente complicate dalle divisioni interne tra le varie forze in campo sulla condanna esplicita o meno delle violenze e il malessere della polizia catalana, che non si sente appoggiata a sufficienza dai responsabili politici. L'assessore all'Interno catalano, Miquel Samper, del partito indipendentista moderato Junts per Catalunya, ha indicato i giovani del partito separatista CUP tra i responsabili dell'incitamento alle violenze. 

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