Impeachment, l'accusa insiste: condannate Trump, altrimenti istigherà ancora alla violenza

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Valentina Clemente

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Nella terza giornata del processo di impeachment contro Donald Trump l'accusa insiste: se non verrà condannato dal Senato e potrà ricandidarsi a future elezioni, l'ex Presidente sicuramente provocherà altri gravi fatti di violenza. Ultime otto ore a disposizione dei pubblici ministeri, da venerdì toccherà alla difesa, con gli avvocati David Schoen e Bruce Castor Jr in prima linea per evitare la condanna del Tycoon

Se i senatori non condanneranno Donald Trump e gli impediranno di candidarsi di nuovo, l'ex Presidente istigherà, ancora, nuovi episodi di violenza: l'accusa non si ferma e attacca ancora, anche dopo aver mostrato, nella giornata di mercoledì, video inediti dei fatti del sei gennaio, motivo che ha portato alla messa in stato di accusa del miliardario newyorkese.

 

Nel Day Three, c'è un'atmosfera meno tesa rispetto alla giornata precedente. Si tratta, però di una calma apparente: poco dopo il via al processo, l'accusa è andata subito all'attacco.

Jamie B. Raskin: Trump ha tecniche di violenza "ben testate"

Violenza, quindi, è la parola chiave dei manager dell'accusa: violenza passata, presente ma soprattutto futura. Ed è proprio su questo concetto che si concentra l'intervento di Jamie B. Raskin: secondo il lead impeachment manager, Trump ha sempre sostenuto un modello di violenza tra i suoi sostenitori, e ben molto prima dell'assalto al Capitol Hill.

 

"Queste tattiche sono state testate a lungo", ha detto Raskin. "Il sei gennaio non è stato altro che il culmine delle azioni e dei pensieri dell'ex Presidente, non una loro aberrazione.  L'insurrezione è l'episodio più violento e pericoloso di questo modello di violenza di Donald Trump".

 

A sostegno di questa sua tesi, Raskin ha mostrato alcuni video in cui Trump incoraggiava i suoi sostenitori a maltrattare possibili manifestanti durante le sua manifestazioni elettorali: in uno di questi, il Tycoon offriva di pagare le loro, possibili, spese legali.

 

Al termine delle sue osservazioni, il dem Jamie B. Raskin ha rivolto un accorato appello ai Repubblicani affinché non permettano a Trump di non essere condannato per il ruolo avuto nell'attacco del 6 gennaio in Campidoglio: se questo non avverrà, ha detto Raskin, "non ci sarà nessuno da incolpare tranne noi stessi" perché l'ex Presidente, sicuramente, provocherà altri fatti di violenza

Joe Neguse: il comizio di Trump? Un assalto alla libertà di parola

Il Primo Emendamento della Costituzione garantisce, tra gli altri, anche la libertà di parola ma non fornisce protezione legale per l'istigazione di atti illegali: Joe Neguse ha concentrato su questo tema una parte del suo intervento rispondendo, in anticipo, a una questione che la difesa userà nella giornata di venerdì. In sostanza, Neguse ha sottolineato che la condotta di Trump è stata un assalto al Primo Emendamento.

 

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Ted Lieu: Trump non si è mai pentito di aver causato atti violenti

"Mai un accenno di rimorso, ma nessuna responsabilità, nulla: Trump non ha mai ammesso di aver ispirato e sostenuto i manifestanti che hanno attaccato il Congresso, fatti in cui morirono delle persone": Ted Lieu parte da queste frasi per spiegare ulteriormente perché The Donald dovrebbe essere condannato.

 

Lieu ha mandato un messaggio molto chiaro con queste parole: "Non ho paura che Trump si possa ricandidare alle prossime elezioni. Ciò che mi preoccupa è che possa perdere di nuovo e, di conseguenza, provocare altri fatti di violenza".

 

Secondo il dem, Trump deve essere fermato, subito, per non essere anche fonte d'ispirazione, in futuro, per altre figure politiche che, visto un risultato non favorevole, potrebbero usare la violenza. Fatti come quelli del sei gennaio non devono più accadere.

 

A corollario delle dichiarazioni di Lieu, ci sono le parole di Joaquin Castro: "questo processo rappresenta un'occasione per dare un segnale al mondo intero e far capire per quali valori si batte l'America".

 

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