Impeachment, secondo giorno. L'accusa: l'assalto al Congresso si poteva prevedere

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Valentina Clemente

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"Questo non è un processo di parte, è un momento di verità per il Paese": parola del deputato dem Jamie Raskin, alla guida del team dell'accusa, aprendo il secondo giorno del processo di impeachment contro Donald Trump. Dopo il via libera di martedì sulla costituzionalità del procedimento, l'accusa ha fino a 16 ore per presentare le sue argomentazioni. Una spicca su tutte: l'assalto al Congresso si poteva prevedere, Trump l'ha provocato a lungo con i suoi messaggi

L'attacco al Congresso, lo scorso sei gennaio, si poteva prevedere: l'accusa parte da questo assunto nel secondo giorno del processo di impeachment contro Donald Trump. Assalto che si sarebbe verificato in tre fasi: prima con la provocazione dell'ex Presidente nei confronti dei suoi sostenitori, poi il via alle manifestazioni dato proprio da lui e, last but not least, il non fare nulla per bloccare i manifestanti.

 

Dopo il via libera di martedì sulla costituzionalità del procedimento, l'accusa ha fino a 16 ore per presentare le sue argomentazioni: anche se non tutte verranno usate, nelle (prime) otto ore previste nella seconda giornata si discute l'efferatezza dei fatti di Washington, mostrando anche alcuni video inediti.

Raskin: il processo deve dare la responsabilità a chi è l'autore teorico dell'attacco a Capitol Hill

 

He told them to fight like hell, and they brought us hell that day” (ha detto loro di combattere come pazzi, ma ci ha portato all'inferno, quel giorno) ha detto Jamie Raskin, a capo del team dell'accusa per l'impeachment della Camera.

“Questo processo non vuole dare la colpa ad uno spettatore innocente. Si tratta di dare la responsabilità a chi è l'autore (teorico) di questo attacco", ha aggiunto il dem, riferendosi a Trump come istigatore in capo, in grado di guardare i fatti in tv "come fosse un reality show, lodando i rivoltosi e simpatizzando con loro".

Neguse: gli assalitori sostengono "di aver seguito le indicazioni di Trump"

"Nel suo comizio, convocato 18 giorni prima, in coincidenza con la certificazione della vittoria di Joe Biden, Donald Trump disse ai suoi sostenitori di marciare lungo Pennsylvania Avenue fino a Capitol Hill e che era un loro "dovere patriottico" perché le elezioni erano state rubate": lo ha detto il deputato dem Joe Neguse, uno dei nove rappresentanti dell'accusa.

Neguse ha ricostruito le varie fasi del piano dell'ex Presidente: dalla provocazione sulle elezioni fraudolente allo slogan "Stop the steal", dall'appello a "combattere come dannati" all'attacco con le sue conseguenze mortali. Il deputato ha citato anche verbali giudiziari i cui gli assalitori sostengono di aver seguito le indicazioni di Trump.

Lieu: Trump aveva esaurito "opzioni non violente" per restare al potere

Ted Lieu, uno dei manager dell'impeachment, nel suo intervento ha detto che Trump si è rivolto a quella folla violenta (che ha attaccato il Campidoglio il 6 gennaio) perché "aveva terminato le opzioni non violente per mantenere il potere".

"I suoi sforzi nei tribunali e minacciosi funzionari sono falliti", ha aggiunto il dem. “Ha attaccato pubblicamente e privatamente i membri del suo stesso partito alla Camera e in questo Senato. Avrebbe pubblicamente messo alla gogna i senatori, mettendo i loro nomi anche sui social media".

 

Plaskett: Donald Trump ha deliberatamente incoraggiato atti di violenza

Stacey Plaskett, rappresentante dem per le Isole Vergini, non aveva potuto votare per l'impeachment di Donald Trump. Ora, come delegata e manager del processo di messa in stato di accusa del Tycoon, può presentare le sue tesi.

Istanze che si basano su un elemento: la violenza, usata dall'ex Presidente, non soltanto il sei gennaio, ma per mesi e mesi. Trasmessa attraverso dichiarazioni, tweet, messaggi, tanto che i suoi sostenitori ritengono di aver soltanto fatto il loro dovere. “Once assembled, that mob at the president’s direction erupted into the bloodiest attack on this capital since 1814.”, ha detto Plaskett, definendo i fatti di gennaio l'attacco più feroce subìto dall'istituzione, sin dal 1814.

Plaskett: i manifestanti volevano impiccare Pence

E per sostenere ancor di più la tesi della violenza, Plaskett ha fatto vedere alcuni video, mai visti prima. In uno di questi si nota chiaramente Mike Pence mentre viene scortato fuori dall'area. Poco dopo, i manifestanti iniziano a muoversi facilmente all'interno dell'edificio. Sempre in questo video si vede anche l'agente Eugene Goodman che affronta i manifestanti, cercando di tenerli lontani da Pence e la sua famiglia che, prima di riuscire a fuggire, si trova in una stanza poco lontana. I manifestanti erano seriamente intenzionati ad uccidere Pence perché voleva certificare la vittoria di Biden.

 

In un altro contributo si vede Goodman parlare brevemente con Mitt Romney che, dopo poco, cambia direzione: il poliziotto lo esorta a prendere un'altra strada per non incontrare i manifestanti. "Un gesto a dir poco eroico, ma c'è di più" ha sottolineato Stacey Plaskett.

Cicilline: Trump non condannò mai l'attacco al Congresso

"Il 6 gennaio Donald Trump non condannò neppure una volta l'attacco al Congresso e i manifestanti. L'unica persona ad essere condannata? Mike Pence, il suo vicepresidente, che si stava nascondendo con la sua famiglia a Capitol Hill temendo per la sua vita, dopo che il Presidente lo aveva accusato di non aver avuto il coraggio di cambiare i risultati delle elezioni": inizia con queste parole l'intervento del deputato dem David Cicilline, uno degli ultima nella prima giornata dedicata alle istanze dell'accusa.

"Trump era contento per quanto stava accadendo. Non ascoltò chi gli era accanto in quel momento, dai collaboratori, la figlia Ivanka al genero Jared Kushner, che gli chiedevano di intervenire per fermare l'assalto" ha sottolineato nel suo intervento Cicilline.

L'udienza si aggiorna giovedì 11 febbraio alle 18.00it

Dopo quasi otto ore, l'udienza si è chiusa. Ne sono previste altrettante per l'accusa nella giornata di giovedì, poi toccherà alla difesa.

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