La leader birmana è accusata di aver violato la legge sull'import-export per aver tenuto in casa senza permesso due ricetrasmittenti. I ministri degli Esteri del G7 si sono detti "profondamente preoccupati" ed hanno esortato i militari a porre fine "immediatamente" allo stato di emergenza nel Paese, mentre la Cina ha bloccato una bozza di dichiarazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu che condannava il golpe
La leader birmana Aung San Suu Kyi, in carcere preventivo fino al 15 febbraio dopo il colpo di stato militare del 1 febbraio, è accusata di aver violato la legge sull'import-export dopo che, nel corso di una perquisizione della sua residenza, sono stati trovati due walkie-talkie importati illegalmente e utilizzati senza permesso dalle sue guardie del corpo. L'ex presidente Win Myint, anch'egli arrestato, è invece stato accusato di aver violato la legge sulla gestione delle catastrofi naturali.
G7 condanna il colpo di Stato
Il G7 ha condannato ufficialmente il colpo di Stato, mentre nel Paese l'esercito ha annunciato l'imposizione di uno stato di emergenza di un anno, con l'intenzione di annullare il risultato del voto di novembre per tenere nuove elezioni "libere e regolari". Tutti i poteri sono stati trasferiti al generale Min Aung Hlaing, capo delle forze armate. In una lettera, firmata mercoledì da "I ministri degli Esteri di Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti, e gli altri rappresentanti dell'Unione Europea" si parla esplicitamente di "una grande preoccupazione per la detenzione di attivisti della società civile e leader politici, inclusi Aung San Suu Kyi e il presidente Win Myint", oltre che per il blocco mediatico nel Paese. "Chiediamo ai militari di ripristinare immediatamente il potere del governo democraticamente eletto nel voto di Novembre, di rilasciare le persone ingiustamente arrestate e di rispettare i diritti umani e le leggi", si legge ancora nell'appello internazionale.
Cina blocca bozza Onu di condanna del golpe
Situazione diversa per quanto riguarda il Consiglio di Sicurezza dell'Onu: la Cina ha bloccato una bozza di dichiarazione che condannava il colpo di Stato militare in Birmania. Nel corso di una riunione, martedì, non si è riuscito a trovare un accordo su una comunicazione congiunta a causa dell'opposizione di Pechino, che ha il diritto di veto come membro permanente dell'organismo. Qualcosa di simile era già successo nel corso della crisi dei Rohingya nel 2017, quando la Cina aveva bloccato qualsiasi iniziativa del Consiglio per tenere riunioni sulla Birmania o rilasciare dichiarazioni congiunte.
Lo sciopero del personale sanitario
Intanto vanno avanti le proteste civili in Myanmar: il personale di circa 70 ospedali ha smesso di lavorare nell'ambito di una crescente campagna di disobbedienza civile. "Ci rifiutiamo di obbedire agli ordini di un regime militare illegittimo che ha dimostrato di non avere alcun riguardo per i nostri poveri pazienti", si legge in una nota. Inoltre martedì sera migliaia di cittadini hanno protestato battendo con le pentole e i coperchi dai balconi e suonando i clacson delle auto in strada.