Covid Svizzera: se sovraffollamento, anziani potrebbero restare fuori da terapia intensiva
MondoCon l'aumento dei casi nel Paese elvetico, si torna a parlare di un protocollo - in vigore dal 20 marzo ma non ancora ufficialmente adottato - che indica al personale sanitario come comportarsi in caso di sovraccarichi nei reparti di terapia intensiva: nessun ricovero se il paziente presenta “criteri a sfavore” e tra questi c’è anche l’età avanzata. "Al livello B, indisponibilità di letti in terapia intensiva, non andrebbe fatta alcuna rianimazione cardiopolmonare", si legge
È emergenza coronavirus anche in Svizzera: il Paese elvetico, secondo l’ufficio federale, nelle ultime due settimane ha registrato 42.290 nuovi casi, con un tasso di 494,9 casi per 100mila abitanti. Un’impennata che ha riportato all'attenzione di tutti un protocollo che servirà in caso di sovraccarichi degli ospedali, in particolare nel momento in cui si dovessero verificare sovraffollamenti nei reparti di terapia intensiva. Si tratta di un documento elaborato dall’Accademia Svizzera delle Scienze Mediche e dalla Società Svizzera di Medicina Intensiva che in realtà è in vigore dal 20 marzo, ma che non è ancora stato adottato ufficialmente. Un documento che stabilisce i criteri per i quali un paziente può o non può essere ammesso in terapia intensiva laddove non ci fossero posti sufficienti per tutti (GLI AGGIORNAMENTI LIVE - LO SPECIALE).
Terapia intensiva negata ad anziani e malati
Questi criteri di ammissione ai reparti di terapia intensiva sono specificati in una pagina del “Triage dei trattamenti di medicina intensiva in caso di scarsità di risorse”. Il documento prevede due livelli - A e B - che specificano le caratteristiche che rendono il paziente “a sfavore del ricovero” in base ai diversi scenari. Nel livello A - che vuol dire letti in terapia intensiva disponibili ma risorse limitate - i criteri per non essere ammessi alla rianimazione sono più gravi: tra questi, “arresto cardiocircolatorio ricorrente, malattia oncologica con aspettativa di vita inferiore a 12 mesi, demenza grave, insufficienza cardiaca di classe NYHA IV, malattia degenerativa allo stadio finale”. A far discutere, però, sono i criteri previsti nel caso in cui si arrivasse al livello B e cioè indisponibilità di letti in terapia intensiva: non dovrebbe essere ammesso al reparto chi ha “età superiore a 85 anni o un’età superiore a 75 anni accompagnata da almeno uno dei seguenti criteri: cirrosi epatica, insufficienza renale cronica stadio III, insufficienza cardiaca di classe NYHA superiore a 1 e sopravvivenza stimata a meno di 24 mesi”. "Al livello B non va effettuata alcuna rianimazione cardiopolmonare di pazienti ricoverati in cui insorga un arresto cardiocircolatorio", si legge ancora.
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Documento come garanzia per medici e pazienti
Va precisato in ogni caso che in Svizzera la situazione non è attualmente così grave da dover decidere chi curare e chi lasciare fuori dalle terapie intensive. Secondo quanto riportato da La Stampa, per Franco Denti, il presidente dell’Ordine dei Medici del Canton Ticino, “quando è uscita questa direttiva siamo saltati sulla sedia. Decidere chi rianimare e chi no è pesante, pesantissimo per qualsiasi medico. Ma questo documento, che è pubblico, è a garanzia dei medici e degli stessi pazienti che potrebbero non aver voglia di essere sottoposti a ulteriori cure”.