Le reazioni alla morte di Soleimani, Teheran: dura vendetta. Israele studia ripercussioni

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Dopo il raid del Pentagono sull’aeroporto di Baghdad, dall’Iran arriva la condanna dell’ayatollah Khamenei e del presidente Rohani. Critica anche la Ue, mentre gli Usa rivendicano il blitz. Da Pechino appello alla calma, mentre la Nato monitora la regione

La guida suprema dell’Iran Ali Khamenei ha annunciato "dura vendetta", Israele ha elevato lo stato di allerta nel timore di ritorsioni da parte degli Hezbollah libanesi, dalla Cina è arrivato un invito alla calma rivolto a tutte le parti in causa, mentre Mosca teme l'aggravarsi della situazione in Medio Oriente. Queste alcune delle reazioni internazionali all'uccisione, nella notte tra il 2 e il 3 gennaio, del generale iraniano Qassem Soleimani (CHI ERA - VIDEO), morto insieme ad altre sette persone in un attacco missilistico condotto dal Pentagono sull’aeroporto di Baghdad (AGGIORNAMENTI - FOTO - LE PROTESTE). In tarda mattinata è arrivata anche la condanna dell’Ue, con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel che ha ammonito: “Il ciclo di violenza, provocazioni e ritorsioni a cui abbiamo assistito in Iraq nelle ultime settimane deve finire". Mentre la Nato ha fatto sapere che sta seguendo "da vicino la situazione nella regione". Il Pentagono, dal canto suo, ha fin da subito rivendicato il raid giustificandolo con l’obiettivo di “proteggere la nostra gente e i nostri interessi ovunque nel mondo”. Preoccupazione anche in Italia, in particolare da parte del ministro della Difesa Lorenzo Guerini: innalzate le misure di sicurezza dei contingenti dove operano i soldati italiani e limitati al minimo gli spostamenti al di fuori delle basi. Conseguenze sui mercati: il prezzo del petrolio - così come quello dell'oro - è balzato in su, con il Wti a quota 63 dollari al barile, ai massimi degli ultimi 4 mesi. 

Khameini: "Dura vendetta"

L’ayatollah Khamenei ha chiesto tre giorni di lutto nazionale e ha preannunciato che l’uccisione di Soleimani raddoppierà la motivazione della resistenza contro Usa e Israele. “Il lavoro e il cammino del generale Qassem Soleimani non si fermeranno. Una dura vendetta attende i criminali, le cui mani nefaste sono insanguinate con il sangue di Soleimani e di altri martiri dell’attacco della notte scorsa”, ha detto la guida suprema del Paese. 

Rohani: "Atto malizioso e codardo" 

Sempre da Teheran è arrivato il commento del presidente Hassan Rohani: “Gli iraniani e le altre nazioni libere del mondo si vendicheranno senza dubbio contro gli Usa criminali”, ha detto Rohani definendo l’attacco un “atto malizioso e codardo” e aggiungendo che “il regime americano, ignorando tutte le norme umane e internazionali, ha aggiunto un’altra vergogna al record miserabile di quel Paese”.

Teheran: "Washington se ne assumerà la responsabilità"

“L’atto di terrorismo internazionale degli Usa con l'assassinio del generale Soleimani, la forza più efficace nel combattere il Daesh (Isis, ndr), Al Nusrah e Al Qaida, è estremamente pericolosa e una folle escalation”, ha dichiarato a caldo anche il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, aggiungendo che “gli Stati Uniti si assumeranno la responsabilità di questo avventurismo disonesto”. 

Iraq: "Nemici americani e israeliani"

Nell’attacco missilistico avvenuto nella capitale irachena è morto anche Abu Mahdi al-Muhandis, numero due delle Forze di mobilitazione popolare (Hashd al-Shaabi), coalizione di milizie paramilitari sciite pro-iraniane attive in Iraq. Il loro portavoce, Ahmed al-Assadi, ha accusato del raid all’aeroporto “i nemici americani e israeliani”.

Usa: Soleimani voleva attaccare i diplomatici americani

Il Pentagono, che ha confermato come il blitz sia stato ordinato dal presidente Donald Trump, ha rivendicato l’intento di creare un deterrente per futuri piani di attacco iraniani, sostenendo che Soleimani avesse intenzione di attaccare i diplomatici americani all’estero. Su Twitter, poco dopo l’attacco, Trump ha postato una foto della bandiera statunitense, mentre il segretario di Stato Mike Pompeo ha pubblicato un video in cui si vede un corteo di persone correre lungo una strada reggendo una bandiera irachena accompagnato dalla didascalia: “Iracheni ballano in strada per la libertà: grati che il generale Soleimani non ci sia più”.

L'ambasciata Usa invita gli americani a lasciare l'Iraq

Contrari alla mossa, invece, i due candidati democratici alle presidenziali 2020 Joe Biden ed Elizabeth Warren: secondo il primo, Trump ha gettato “dinamite in una polveriera”, mentre per Warren “Soleimani era un assassino responsabile della morte di migliaia di persone, inclusi centinaia di americani, ma la mossa avventata” di Trump “provoca un’escalation della situazione con l’Iran. La nostra priorità deve essere evitare un'altra costosa guerra”. Diversi parlamentari fanno anche notare su Twitter come il Congresso non fosse stato messo al corrente dell'attacco. L'ambasciata degli Stati Uniti a Baghdad, inoltre, ha sollecitato i cittadini americani a "lasciare l'Iraq immediatamente": "I cittadini americani partano per via aerea dove possibile, altrimenti raggiungano altri Paesi via terra".

Israele studia le ripercussioni del blitz

Nel frattempo, in Israele il ministro della Difesa, Naftali Bennett, ha convocato per la mattinata del 3 gennaio consultazioni nel dicastero per esaminare, con il capo di Stato maggiore Aviv Kochavi, le ripercussioni regionali e nazionali dell’uccisione di Soleimani, come ha riferito la radio militare. Secondo l'intelligence israeliana, il generale iraniano aveva avuto un ruolo di primo piano nel progressivo potenziamento militare degli Hezbollah libanesi e delle ali militari di Hamas e della Jihad islamica a Gaza, nonché nella penetrazione militare iraniana in Siria. Per questo, a Tel Aviv si temono reazioni degli Hezbollah libanesi se giungessero alla conclusione che Israele ha avuto un ruolo nel raid di Baghdad. Per motivi di sicurezza, al confine con Libano e Siria le piste di sci del monte Hermon sono state chiuse al pubblico e il premier Benjamin Netanyahu potrebbe terminare in anticipo la visita che sta conducendo in Grecia e rientrare oggi stesso in Israele.

L'Ue: "Rischio di nuova ascesa del terrorismo"

Secondo Michel, presidente del Consiglio europeo, “un’ulteriore escalation deve essere evitata a tutti i costi”, come ha riferito in una nota in cui mette in guardia dal “rischio di un riacutizzarsi generalizzato della violenza in tutta la regione e dell’ascesa di forze oscure del terrorismo”. In Iraq, ha dichiarato Michel, “troppe armi e troppe milizie stanno rallentando il processo verso un ritorno alla normale vita quotidiana dei cittadini”. Dall’Europa si sono levate anche le voci della Francia: “Il mondo ora è più pericoloso, il nostro ruolo non è schierarci con una parte ma parlare a tutti”, ha detto il ministro per l’Europa, Amelie de Montchalin. Mentre Emmanuel Macron ha fatto sapere di voler "evitare una nuova pericolosa escalation". Dalla Gran Bretagna, il ministro degli Esteri Dominic Raab, ha invece commentato: “Un ulteriore conflitto non è nei nostri interessi”. Mentre dalla Germania la portavoce della cancelliera, Ulrike Demmer, ha avvertito: “Servono oculatezza e moderazione per contribuire alla distensione. Gli americani dovranno spiegare questa azione”.

Mosca: "Cresceranno le tensioni in Medio Oriente"

Reazioni arrivano anche da Mosca, che osserva come l'uccisione da parte degli Usa di Soleimani accrescerà le tensioni in tutto il Medio Oriente. "È stato un passo avventuristico che accrescerà le tensioni in tutta la regione", scrivono le agenzie Ria Novosti e Tass citando il ministero degli Eesteri. E arrivano anche le parole di Vladimir Putin che conferma come l'uccisione del generale iraniano Soleimani rischi di "aggravare la situazione" nella zona.

Cina: "Mantenere la calma per evitare escalation"

Pechino ha invitato invece ad abbassare i toni dello scontro dopo l’uccisione del generale iraniano. “Facciamo appello alle parti coinvolte, specialmente agli Stati Uniti, affinché si mantenga la calma e si eserciti la misura per evitare un’ulteriore escalation delle tensioni”, ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Geng Shuang, durante un briefing con la stampa.

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