Lo ha stabilito la Knesset, confermando la data che era stata indicata dai due maggiori partiti, blu-bianco e Likud
È scaduto a mezzanotte il termine di 21 giorni previsto dalla legge israeliana perché la Knesset formasse un nuovo governo. Il Parlamento si è dunque sciolto, ma i deputati sono rimasti a discutere fino a tarda notte il provvedimento che fissa modalità la data del voto. È stata infine confermata la data del 2 marzo, già stabilita nei giorni scorsi dai due maggiori partiti, blu-bianco e Likud. Di norma la nuova consultazione, la terza in un anno, circostanza senza precedenti, avrebbe dovuto svolgersi il 10 marzo, che coincide però con la festa ebraica di Puri.
Tre elezioni in meno di un anno
I partiti, in particolare il Blu e Bianco e il Likud hanno cercato invano di trovare la quadra per la formazione di un governo di coalizione che scongiurasse le terze elezioni in 11 mesi. La legge israeliana prevede che dopo le elezioni il presidente dia un incarico di giorni per formare un governo, incarico che può essere esteso. Otto giorni dopo le ultime elezioni del 17 settembre, il presidente Rivlin diede incarico a Netanyahu. Due giorni prima della scadenza dei 28 giorni, Netanyahu rimise il mandato e il presidente diede incarico il 23 ottobre a Gantz di formare il governo. Incarico che l'ex capo di stato maggiore non ha portato a termine nei 28 giorni che la legge gli imponeva (questa volta senza possibilità di proroga). Secondo gli ultimi sondaggi sono in caduta il Likud e i partiti di destra ma non c'è maggioranza per il Blu e Bianco. Intanto il Likud ha fissato per il dicembre le primarie per la premiership.
La rinuncia di Netanyahu
Intanto il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha annunciato la sua intenzione di dimettersi dagli incarichi ministeriali che detiene, oltre la premiership, dall'1 gennaio 2020. Netanyahu - oltre essere primo ministro, carica che continuerà a mantenere - è anche titolare di 3 portafogli: Sanità, Siaspora, Affari sociali. La scelta del premier, secondo i media, è avvenuta in risposta ad un ricorso alla Corte Suprema dopo la sua recente formale incriminazione per corruzione, frode e abuso di potere in 3 inchieste giudiziarie.