Le preoccupazioni geopolitiche hanno fatto salire il valore del bene rifugio per eccellenza a livelli record. Per questa ragione molte vecchie miniere sono state riaperte. Secondo l'Australian Financial Review quest’anno il settore toccherà quota 22 miliardi di dollari
Dopo decenni in cui l’estrazione dell’oro era considerata poco profittevole, in Australia diverse miniere sotterranee sono state riaperte. I campi auriferi che, 150 anni fa, richiamarono cercatori da tutto il mondo hanno ripreso ad essere sondati a causa delle tensioni geopolitiche che hanno riportato i prezzi del bene rifugio per eccellenza a livelli molto alti.
L’aumento del prezzo
Il peggioramento dell’economia globale, la guerra commerciale tra Usa e Cina, e l’embargo nei confronti di Iran e Corea del Nord, hanno spinto il prezzo del metallo prezioso dai 300 dollari (circa 270 euro) l'oncia a più di 2mila (circa 1800 euro). Secondo l'Australian Financial Review questa nuova corsa all’oro, anche grazie ai progressi nelle tecniche di esplorazione e di estrazione, nell'anno finanziario 2019/20 farà toccare al settore il valore record di 22 miliardi di dollari (19,8 miliardi di euro).
Estrazione particolarmente vantaggiosa in Australia
Così Orange, Bendigo, Kalgoorlie, e diverse altre miniere che ormai avevano chiuso i battenti sono tornate ad animarsi. Campbell Olsen, ceo di Arete Capital intervistato dall'Australian Financial Review, conferma che la sua azienda sta investendo nella riattivazione dei vecchi campi auriferi perché l’estrazione è tornata ad essere economicamente vantaggiosa. In particolar modo in Australia: le compagnie minerarie del Paese, spiega Olsen, hanno infatti il vantaggio di una valuta più debole rispetto al dollaro americano, che viene considerato il metro per stabilire i prezzi globali dell'oro.