Sbarco sulla Luna, le donne che hanno contribuito all'allunaggio

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Katherine Johnson (foto di repertorio - Getty Images)

Erano ingegneri, matematici, ma c'erano anche segretarie e sarte: ecco chi sono le donne che hanno aiutato gli uomini a fare il "grande passo per l'umanità"

Le persone che hanno calpestato la Luna cinquant'anni fa erano uomini. Ma dietro di loro, tra le 400.000 persone che hanno lavorato per rendere l'impresa possibile, c'erano anche molte donne. Rimaste a lungo anonime, hanno lavorato in silenzio come matematici, ingegneri, segretarie e sarte. Ecco chi erano le donne che hanno contribuito a quel "grande passo per l'umanità".

Jamye Flowers Coplin

Quando è arrivata alla Nasa dal Texas, Jamye Flowers Coplin aveva 21 anni. Appena uscita da scuola, si trovò a ricoprire un ruolo di altissima responsabilità, che chiedeva lunghissime ore di lavoro: era la segretaria dell'equipaggio. I suoi compiti erano molti e delicati. Secondo il Guardian, Flowers viaggiava con loro per i lanci, teneva le mogli informate e i disturbatori lontani. Faceva persino da baby sitter ai loro bambini. In un'intervista Flowers disse: "Come giovane donna sono stata incredibilmente fortunata e ho sentito che si trattava di un'occasione d'oro per me". Fu proprio in quel periodo che la Nasa iniziò ad aprire opportunità di carriera per le donne.

Margaret Hamilton

Margaret Hamilton aveva studiato al MIT e nel 1959 scoprì che la Nasa stava mirando alla Luna. "L'annuncio era così eccitante, che decisi di scoprire qualcosa in più". Hamilton diventò così il capo programmatore del rivoluzionario Apollo guidance computer. Ha sciluppato i programmi di volo interni per i moduli, tra cui quelli lunari. È stata lei a inventare la definizione di "sotware engineering". Era l'unica donna nel progetto: "Se guardi alle foto degli ingegneri dell'epoca, difficilmente si può trovare una donna lì - ha spiegato Hamilton in un'intervista -. La gente diceva 'Le donne c'erano'. Sì, ma non facevano lavori tecnici". Si oppose ai movimenti esclusivamente femministi, definendoli "un'altra forma di discriminazione". Hamilton ha poi fondato una sua compagnia di software. Obama l'ha premiata con la Presidential Medal of Freedom nel 2016. Oggi ha 82 anni, non ha alcun account social e teme per il futuro delle donne, oggi più a rischio di ieri.

Katherine Johnson

Di Katherine Johnson si è parlato tanto in questi ultimi anni, grazie sia alla campagna "Inspiring Women" di Barbie sia al film "Il diritto di contare". Ma il riconoscimento dell'incredibile talento di questa matematica afro-americana è giunto dopo anni di silenzio. Spinta dal padre ad andare al college e a continuare gli studi in matematica, Johnson si laureò nel 1937 e iniziò a lavorare come insegnante in una scuola di neri in Virginia. Nel 1953, sposata con figli, entrò nel laboratorio National Advisory Committee for Aeronautics. Qui collaborò alla frenetica corsa verso lo spazio durante la guerra fredda, contro i russi. I calcoli di Johnson furono cruciali nella missione di Alan Shepard e John Glenn nel programma Apollo. Ha continuato a lavorare nella base di Langley fino al 1986. Johnson ha sviluppato la sua carriera ai tempi della segregazione razziale. Ad aiutarla, un consiglio di suo padre: "Non sei meglio di nessuno, ma nessuno è meglio di te".

Frances 'Poppy' Northcutt

Soprannominata "Crater Poppy", Frances Northcutt è stata un'altra delle donne che ha dedicato la propria vita alla matematica e allo spazio, facendo "un lavoro da uomini". Ha lavorato nel TRW Systems, un'agenzia che collaborava con la Nasa per il programma Apollo e che ha disegnato e costruito il lunar lander. Promossa in breve tempo, Northcutt ha lavorato fianco a fianco ai colleghi uomini per calcolare la traiettoria di ritorno alla Terra dell'Apollo 8. È stata coinvolta anche nella missione Apollo 11 e nell'epico recupero dell'Apollo 13. "Sentivo molta pressione nell'essere l'unica donna". Ad un certo punto Northcutt scoprì che una telecamera interna della Nasa era concentrata solo su di lei: "Ero una sorta di trofeo. Bionda, giovane, magra, vestivo alla moda". Dopo aver lasciato la Nasa, si è dedicata alla lotta contro la discriminazione di genere.

JoAnn Morgan

JoAnn Morgan ha sopportato di tutto: telefonate oscene, commenti fuori luogo in ascensore, bagni lontanissimi da raggiungere per fare pipì in pace. Ma nella sala di controllo, quel 16 giugno 1969, lei era l'unica donna. Iniziò a lavorare alla Nasa nel 1958, mentre andava ancora al college. Quando fu assunta il suo capo Jim White indisse una riunione per spiegare al team che avrebbero dovuto trattarla come un'ingegnere, chiamandola Miss Hardin. "Non dovete entrare in confidenza". Al che fu chiesto a White: "Possiamo chiederle più caffè?". "No, non chiedete il caffè a un ingegnere", fu la risposta di White. Quel 16 luglio 1969 lei dimostrò che sarebbe rimasta in quella stanza, diversa tra tutti i dipendenti in camicia bianca e cravatta nera. Dopo il lancio andò in vacanza col marito per godersi l'allunaggio in tv, nella stanza di un'hotel. All'atterraggio lui le disse: "Tesoro, sarai nei libri di storia". Morgan rimase alla Nasa per 45 anni, diventando la prima senior executive donna del Kennedy Space Center. Oggi ha 78 anni e incoraggia le giovani donne a studiare per diventare ingegneri.

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