Il segretario di Stato dice che l'amministrazione Trump è disponibile al dialogo, ma gli Stati Uniti continueranno la loro campagna di pressione sulla Repubblica Islamica. Replica: Teheran "non presta attenzione ai giochi di parole, conta il cambiamento dell'approccio"
Il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha detto che l'amministrazione Trump è disposta a parlare con l'Iran "senza precondizioni", ma ha anche sottolineato che gli Usa continueranno la loro campagna di pressione sulla Repubblica Islamica. "Siamo pronti a impegnarci in una conversazione senza precondizioni, siamo pronti a sederci a un tavolo", ha detto Pompeo dalla Svizzera, Paese che rappresenta gli interessi americani in Iran dopo la rivoluzione islamica del 1979. Più tardi è arrivata la replica. Teheran "non presta attenzione ai giochi di parole. Ciò che conta è il cambiamento dell'approccio generale nei confronti della nazione iraniana", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, Abbas Mousavi. A fine maggio, dopo che un razzo era stato lanciato nella Green Zone di Baghdad, dove si trova l'ambasciata Usa, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva avvisato il Paese mediorientale: "Mai più minacce".
L'apertura di Rohani
Le parole di Pompeo, che in passato aveva elencato i 12 cambiamenti che l'Iran deve fare per ottenere la revoca delle sanzioni Usa, sono arrivate durante una conferenza stampa congiunta con il collega elvetico Ignazio Cassis. Il capo della diplomazia Usa ha risposto a una domanda sull'apertura manifestata sabato dal presidente iraniano Hassan Rohani. "Siamo per la logica e per i colloqui se la controparte si siede rispettosamente al tavolo negoziale e segue le regole internazionali, non se emana un ordine di negoziare", aveva dichiarato da Dubai. Insomma, dialogo ma sulla base del rispetto e delle regole, senza bullismi. Un'apertura che è stata ribadita, anche se con sfumature diverse, dal portavoce del ministero degli esteri iraniano. Un'apparente svolta, ma anche un'apparente divisione al vertice del regime dopo che la Guida suprema Ali Khamenei aveva escluso ogni possibilità di dialogo.
Nucleare, Pompeo: "Stiamo osservando come l'Iran sta rispettando" l'accordo
"Siamo certamente pronti ad avere una conversazione quando gli iraniani potranno dimostrare che vogliono comportarsi come una nazione normale", ha detto ancora Pompeo. Ma ha precisato che gli Usa continueranno la loro campagna di pressione sulla Repubblica Islamica sia per contrastare la sua "attività maligna" in Medio Oriente sia per monitorare l'attività nucleare di Teheran. "Il mondo deve essere consapevole che stiamo osservando da vicino come l'Iran sta rispettando le condizioni previste" dall'accordo sul nucleare, ha sottolineato riferendosi all'intesa da cui gli Usa sono usciti e che finora - secondo l'Aiea - Teheran non ha violato.
Pompeo: "Priorità rimpatriare americani detenuti"
Pompeo ha anche chiarito che una delle maggiori priorità della politica estera del presidente Donald Trump sarà quella di riportare a casa i detenuti americani in Iran. Attualmente ci sono almeno cinque cittadini americani, quattro dei quali con doppia cittadinanza, e due residenti permanenti statunitensi imprigionati in Iran. Liberarli potrebbe essere un primo segnale di disgelo, come accaduto con la Corea del nord. Un altro americano, l'ex agente dell'Fbi Robert Levinson, risulta scomparso dal 2017 ma Teheran ha negato ripetutamente di avere informazioni su di lui.
Mediazione elvetica tra Usa e Iran?
Anche Donald Trump ha lanciato ripetuti segnali di apertura a Teheran. "Se vogliono parlare, sono disponibile", è stato l'ultimo messaggio del presidente, che ha contenuto le richieste del Pentagono per rafforzare la presenza militare in Medio Oriente dopo lo sfoggio di muscoli con l'invio di una flotta da guerra, di una squadra di bombardieri e di batterie di missili Patriot. La ricerca di un dialogo potrebbe passare attraverso la mediazione elvetica, come suggerisce anche la recente visita alla Casa Bianca del presidente svizzero Ueli Maurer. Ma Pompeo ha glissato: "Non parlerò di come comunicheremo o non comunicheremo con l'Iran", ha detto ai cronisti. E alla domanda sul perché starà tre giorni in Svizzera, città visitata per l'ultima volta da un segretario di Stato Usa oltre due decenni fa, ha risposto con una battuta: "Sono un grande fan di formaggio e cioccolato".