Verso le europee, il viaggio di Sky Tg24 in Ungheria

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Luigi Casillo

Politiche familiari e chiusura contro gli stranieri, il nostro reportage dal Paese-fortino di Viktor Orbán, alla vigilia delle elezioni europee. VIDEO

Miskolc, 200 chilometri a Nordest di Budapest, è la quarta città dell’Ungheria. Ci arrivo in una giornata primaverile in cui le lamiere dei vecchi stabilimenti sembrano esibire la ruggine al sole. Punteggiano l’intera periferia della città a testimoniare il suo glorioso passato da polo industriale dell’epoca socialista. Si lavorava l’acciaio, qui. Oggi non più. Ma dopo la crisi degli anni Novanta (disoccupazione ed emigrazione a livelli drammatici), sono arrivate le multinazionali europee che, in cerca di salari competitivi, con i loro stabilimenti hanno portato lavoro e benessere.

Il governo vuole figli e famiglie

In uno dei quartieri residenziali della città Peter Kocsis mi mostra con orgoglio la sua villetta nuova di zecca: 130 mq e una stanza per ogni figlio. “Tre mesi fa stavamo in un bilocale, in quattro”, mi spiega. “Poi io e mia moglie ci siamo detti: perché non ci buttiamo e facciamo il terzo figlio? E così abbiamo ricevuto i soldi che il governo stanzia per il programma di crescita familiare. Senza quei 10 milioni di fiorini non avremmo mai potuto permetterci questa casa”. Peter lavora al Comune di Miskolc e guadagna sui 200 mila fiorini al mese, l’equivalente di circa 600 euro. Poco più di sua moglie, che fa la segretaria ma ora è incinta ed è a casa. Lo Stato per le famiglie regolari con tre figli interviene due volte. Garantisce un mutuo bancario a tasso quasi zero. E poi regala una cifra cospicua: in questo caso l’equivalente di 50 volte lo stipendio di Peter. Come se un italiano che guadagna 2 mila euro al mese ne ricevesse 100 mila. In cambio di che cosa? Di una promessa. Quella di contribuire alla crescita della Nazione mettendo al mondo veri ungheresi. “E come controllano?”, chiedo a Magda Márai, una vicina di casa di Peter che di figli ne ha uno soltanto e però i soldi per la casa nuova li ha già ricevuti. “Devi presentare di volta in volta i certificati di nascita. Certo se per problemi di salute non puoi portare a termine la gravidanza e riesci a dimostrarlo i soldi puoi tenerteli. Ma se divorzi sei rovinato: devi restituire tutto”.

Quanta paura fa lo straniero

Nessuno può capire l’Ungheria di Viktor Orbán, il primo ministro che governa da nove anni ininterrotti, il successo della sua politica sovranista, se non prova a mettersi dalla parte di un popolo che come nessun altro in Europa ha paura di scomparire. “Ogni giorno che passa noi ungheresi siamo sempre di meno e abbiamo il dovere di proteggere il nostro popolo”, osserva József Tóth-Szántai, il direttore della radio locale di Miskolc. “Anche così?”, gli chiedo mostrandogli le foto del filo spinato anti-migranti al confine con la Serbia. “A nessuno piacciono le barriere”, mi risponde. “Quello che voi europei dell’Ovest non capite è che qui la gente ha paura di perdere il benessere che ha conquistato a fatica. Se dai paesi in difficoltà arrivano troppe persone in cerca di soldi e lavoro rischiamo di rovinare tutto”. Il paradosso è che l’Ungheria oggi è a corto di manodopera. L’economia tira e le aziende più grandi, straniere per la maggior parte, non riescono a far funzionare gli impianti a pieno regime. Al punto che il Parlamento, su richiesta del governo, ha aumentato a 400 le ore di straordinario che le aziende possono chiedere ai lavoratori in un anno. Una norma che ha scatenato le proteste di piazza, specialmente a Budapest, dove il sentimento anti-Orbán, soprattutto fra gli studenti universitari, è palpabile.

Per gli studenti c’è aria di regime

Nella zona universitaria di Pest incontro Viktor Gyetvai, uno dei leader delle proteste. 21 anni, studia diritto internazionale. “Orbán vuole tenerci lontano dall’Europa ma noi qui all’università ci sentiamo tutti europei”, mi dice seduto al tavolo di un magnifico caffè-libreria. “Vuole che la politica entri nella vita della gente, che il governo decida che famiglia costruiamo e quanti figli facciamo. Roba da regime che i ragazzi della mia età non sopportano perché vogliono vivere in un Paese democratico. Davanti abbiamo due possibilità: o protestare o andare via”. La stessa Budapest negli ultimi 25 anni ha perso quasi 300 mila abitanti. “In Austria oggi vivono e lavorano migliaia di ungheresi, soprattutto nel settore medico e infermieristico”, mi spiega il giornalista Gergely Nyilas, che vado a trovare nella redazione di Index.hu, il più grande quotidiano online del Paese. “Guadagnano anche 10 volte di più che da noi. Questo è il nostro problema più grande. E il governo che fa? Invece di investire in istruzione e formazione, invece di attrarre cittadini stranieri qualificati, chiede a noi di fare più figli. Bruxelles vuole farci invadere dai migranti, dice Orbán. Ovviamente non è vero ma la gente, specialmente nelle campagne, ci crede perché il messaggio è ripetuto in continuazione dai giornali e dalle tv. Tanto ormai sono quasi tutti controllati da imprenditori vicini al governo. Martellano la testa degli elettori e nascondono i problemi veri, l’istruzione, la sanità, i conti pubblici”.

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