Elezioni in Israele 2019, tutto sulla sfida tra Netanyahu e Gantz

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Netanyahu e il suo principale sfidante Binyamin Gantz (a destra), quando ancora ricopriva l'incarico di capo di Stato maggiore (Getty Images)

Gli israeliani sono chiamati alle urne per rinnovare il Knesset, dopo che la crisi di governo dello scorso novembre ha fatto cadere la maggioranza. Secondo i sondaggi non ci sarà un vincitore netto, motivo per il quale saranno necessarie alleanze

Martedì 9 aprile Israele va al voto in quello che si prospetta un vero e proprio referendum sull'operato del premier in carica Benjamin Netanyahu. Nel Paese, infatti, si tengono elezioni anticipate (il termine naturale della legislatura in corso era a novembre del 2019) dalle quali dovrà uscire la nuova maggioranza di governo. Il principale sfidante del leader di Likud, partito di destra al potere dal 2009, è l'ex capo di Stato maggiore Binyamin Gantz che guida un nuovo schieramento laico e centrista, l'Alleanza Blu e Bianco (i colori della bandiera israeliana), che secondo gli ultimi sondaggi è in leggero vantaggio.

La crisi di governo e la campagna elettorale

A innescare la crisi che ha portato ad elezioni anticipate è stato, a metà novembre, l'annuncio delle dimissioni dell'allora ministro della Difesa Avigdor Lieberman. In aperto contrasto con Netanyahu, Lieberman aveva lasciato il suo incarico dopo la decisione del governo di aderire al cessate il fuoco con Hamas e le fazioni palestinesi della Striscia di Gaza. Secondo l'ex ministro la tregua, mediata da Onu ed Egitto, era una "resa al terrorismo". Nonostante questa premessa e le recenti tensioni, la questione palestinese è stata quasi del tutto ignorata in campagna elettorale che, invece, è stata incentrata principalmente sulla figura di Netanyahu, che Gantz ha più volte accusato di esercitare il potere in maniera autoritaria e corrotta, facendo riferimento alle ultime inchieste giudiziarie che lo hanno visto protagonista.  

Malgrado le accuse, per molti israeliani il leader di Likud continua a rappresentare una garanzia per la sicurezza. Nelle ultime fasi della campagna elettorale, ha promesso che se sarà rieletto estenderà la sovranità sugli insediamenti in Cisgiordania. Posizione che ha scatenato la ferma reazione del ministro degli Esteri palestinese Riad Malki, secondo il quale se Israele cercherà di realizzare un progetto di questo tipo Netanyahu "avrà un vero problema". A tal proposito si è espresso anche Gantz che ha spiegato che: "Il partito Blu-Bianco punta piuttosto ad un accordo regionale che abbia un sostegno mondiale. Per noi sono irrinunciabili: il controllo militare sul Giordano, le aree omogenee di insediamento ebraico, e Gerusalemme riunificata. Ma in ogni caso - ha precisato - mai nessuna iniziativa unilaterale. L'importante è negoziare".  

Gantz: in Israele "non abbiamo bisogno di un re"

Al fianco di Gantz nell'Alleanza Blu e Bianco, si sono candidati anche Moshe Yaalon e Gabi Ashkenazi, altri due capi di Stato Maggiore, e l'ex ministro delle Finanze, Yair Lapid, che è entrato a far parte dello schieramento insieme alla sua formazione laica, lo Yesh Atid. Nel caso di vittoria, stando alle promesse della campagna elettorale, Lapid si dovrebbe alternare con Gantz alla guida del governo. Quest'ultimo, 59enne alto 1,95 metri, può contare su un'encomiabile carriera all'interno delle forze armate israeliane e si presenta come "alternativa positiva" alla "leadership "divisiva" di Netanyahu. Secondo Gantz, l'attuale premier è "un uomo corrotto che sta distruggendo il Paese", aggiungendo che in Israele "non abbiamo bisogno di un re". Se "Bibi" (soprannome con il quale è noto Netanyahu) dovesse riuscire a vincere le elezioni, si tratterebbe del suo quinto mandato da primo ministro.

Netanyahu in ritardo nei sondaggi

Secondo gli ultimi sondaggi, al di là dello scontro fra Gantz e Netanyahu, appare evidente che non ci sarà un vincitore netto e che il parlamento israeliano che uscirà dal voto sarà sicuramente molto frammentato. Al momento, infatti, il partito di Gantz sembrerebbe in testa con circa un quarto dei deputati della Knesset, seguito a breve distanza dal Likud. Per entrambi, quindi, sarà necessario trovare alleati tra le altre forze. Manovra che, secondo diversi osservatori, dovrebbe essere più agevole per Netanyahu, che in questi anni ha operato un'apertura decisa nei confronti degli schieramenti di estrema destra. Per questa ragione il 52-58% degli israeliani, al di là delle proprie preferenze politiche, si dice sicuro della possibilità che l'ex premier guidi nuovamente il governo. Oltre all’Alleanza Blu e Bianco, alle elezioni si presentano: la sinistra tradizionale di Laburisti e Meretz, che sembra essere sempre più minoritaria, due formazioni degli ultraortodossi, i centristi di Kulanu e Gesher, la Nuova Destra, l'Unione dei partiti di destra, la destra libertaria dello Zahut e Yisrael Beitenou. Per riuscire ad entrare in parlamento, queste formazioni dovranno superare la soglia di sbarramento del 3,25%, ragione per la quale basteranno piccoli spostamenti di voti per tenere fuori dalla Knesset alcune formazioni minori. Per orientare l'esito del voto in un senso o nell'altro, uno dei fattori decisivi sarà costituito dall'affluenza degli arabi israeliani. Molti però, tra cui i drusi, potrebbero scegliere di astenersi.

Convergenze sia con Mosca che con Washington

In questi mesi, Netanyahu ha più volte sventolato lo spauracchio della presenza dell'Iran in Sira, che secondo l'attuale premier rappresenta una vera minaccia per la sicurezza di Israele. Posizione che condivide con uno dei principali alleati internazionali degli ultimi tempi: gli Stati Uniti di Donald Trump. Il presidente statunitense, infatti, è stato il fautore dello spostamento dell'ambasciata americana a Gerusalemme e del riconoscimento della sovranità israeliana sul Golan, due mosse molto gradite dal leader di Likud. I buoni rapporti di Netanyahu, però, non si esauriscono nel continente americano. Negli ultimi anni sono state portate avanti sinergie anche con la Russia di Putin, che non più tardi della scorsa settimana ha consegnato ad Israele i resti di un soldato israeliano sepolto in Siria, disperso dalla guerra del Libano del 1982. "Aspettavamo questo giorno da 37 anni - ha dichiarato Netanyahu, durante il funerale nel cimitero militare sul monte Herzl - riportare a casa i nostri figli tocca la nostra più profonda identità d'israeliani ed ebrei".

Le inchieste

Nonostante l'appoggio internazionale e un discreto consenso interno, "Bibi" in questi ultimi tempi ha dovuto far fronte a tre inchieste di corruzione, che ne hanno indubbiamente intaccato la popolarità. I procedimenti a suo carico riguardano favori politici in cambio di articoli favorevoli sui media e forniture di casse di champagne e sigari. Accuse che però Netanyahu respinge con forza dichiarandosi innocente e vittima di una caccia alle streghe ordita dalla sinistra.

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