Elezioni in Thailandia, le prime dal golpe del 2014

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Daniele Brunetti

Il generale Prayuth Chan-ocha, attuale premier della Thailandia (Getty Images)

Il Paese torna al voto dopo anni di giunta militare. A sfidarsi sono quattro partiti ma l’assetto istituzionale renderà difficile la formazione di un governo in opposizione al regime, che si presenta con uno schieramento in sostegno dell’attuale primo ministro

La Thailandia torna al voto a quasi 5 anni di distanza dal colpo di stato che, nel 2014, ha portato al potere il generale Prayuth Chan-ocha. La giunta militare che presiede nelle vesti di primo ministro ad interim, lo scorso settembre, ha consentito ai partiti di riorganizzarsi per partecipare alle elezioni. Ma l’attuale situazione politica e l’assetto istituzionale, modificato in questi anni con l’avallo della corona, rendono abbastanza improbabile la formazione di un governo in opposizione al regime.

Legge elettorale

La giunta militare, infatti, nel 2016 ha approvato una nuova costituzione che ridisegna l’assetto istituzionale del Paese. La riforma, fortemente voluta anche dal nuovo re Maha Vajiralongkorn, incoronato nel 2016 dopo la morte del padre, l’amatissimo Bhumibol Adulyadej, prevede due camere, di cui solo una elettiva. Il Senato, infatti, viene interamente nominato dalla giunta militare e rappresenta un terzo dei seggi totali delle due camere, ragione per la quale le forze di opposizione dovranno ottenere almeno il 75% dei voti popolari per potersi assicurare la maggioranza in Parlamento e formare un governo. Anche nel caso in cui si verificasse questa ipotesi, il candidato premier dovrà superare il vaglio di una speciale commissione, l’Assemblea nazionale della morale, anche questa nominata, che si riserva il diritto di rifiutare coloro che vengono giudicati inadatti a guidare il Paese.

Il colpo di Stato

L’attuale governo è al potere dal 2014, anno nel quale l’ultima premier legittimamente eletta, Yingluck Shinawatra, è stata rimossa dal suo incarico su decisione della Corte Costituzionale. Nei mesi precedenti alle destituzione, c’erano state decine di manifestazioni di piazza per protestare contro una legge sull’amnistia presentata dal governo. I manifestanti sostenevano che la premier volesse utilizzare la riforma per consentire al fratello Thaksin, noto miliardario ed ex primo ministro della Thailandia, di tornare nel Paese dopo un periodo di latitanza. A fronte di queste proteste Yingluck Shinawatra aveva ritirato la proposta di legge ma ciò non era bastato a evitarle l’accusa di abuso di potere da parte della Corte Costituzionale. Nei giorni successivi alle destituzione l’esercito ha annunciato prima l’imposizione della legge marziale per mantenere l’ordine, e poi l’assunzione del controllo del governo per riportare l’ordine nel Paese e avviare le riforme necessarie. A quel punto è stato formato un Consiglio per il mantenimento dell’ordine e della pace nazionale, guidato dal capo dell’esercito, il generale Prayuth Chan-ocha, che nei mesi successivi si è nominato primo ministro ad interim. Da allora in Thailandia, secondo gli osservatori internazionali, vengono limitati "sistematicamente e arbitrariamente i diritti, in particolare quelli legati alla libertà d’espressione, di riunione pacifica e di associazione", in un contesto istituzionale che segna un deciso passo indietro rispetto al ventennio precedente.

I partiti in campo

Alle elezioni del 24 maggio partecipano quattro partiti. Il primo si chiama Palang Pracharat, ed è stato costituito dai quadri militari attualmente al governo. Il secondo, che rappresenta la principale forza di opposizione, è il Democrat Party, che, nonostante il nome, si fa portavoce di istanze conservatrici e monarchiche. Il terzo è l'Anakot Mai, che in italiano può essere tradotto con "Nuovo futuro" e ha un orientamento progressista. Fondato da un giovane miliardario, Thanathorn Juangroongruangkit, si rivolge principalmente ai giovani elettori. Nei mesi della campagna elettorale, il partito ha riscosso un discreto successo ma, due giorni dopo il voto, tre dei leader dello schieramento dovranno presentarsi davanti ad una corte per difendersi dall’accusa di cybercrime. I tre infatti avrebbero diffuso false informazioni in una serie di post sui social network. In molti sostengono che la tempistica del processo sarà sfruttata dal regime nel caso improbabile in cui i voti di Anakot Mai dovessero risultare decisivi per la formazione di un governo d’opposizione. L’ultimo grande schieramento a prendere parte alla tornata elettorale è il Pheau Thai, un partito legato alla famiglia Shinawatra. Oltre a quest’ultimo, ci sarebbe dovuto essere anche un'altra lista riconducibile ai due ex premier, il Thai Raksa Chart, che però è stato estromesso dalla competizione.

Il partito che aveva candidato la principessa escluso dalle elezioni

La Corte costituzionale thailandese, infatti, nei giorni scorsi ha ordinato lo scioglimento del Thai Raksa Chart, essendo colpevole di "un atto ostile nei confronti della monarchia". Lo schieramento aveva candidato la principessa Ubolratana, sorella maggiore del re Maha Vajiralongkorn, ma la candidatura è stata dichiarata inappropriata e anticostituzionale dalla commissione elettorale e anche il sovrano stesso ha preso posizione in questo senso. Il tentativo è costato al partito la squalifica di tutti i candidati alle elezioni e l'interdizione per dieci anni dalla politica per i dirigenti del comitato esecutivo del movimento. Lo scioglimento per via giudiziaria del partito, secondo diversi osservatori, mette una pietra tombale sulla possibilità delle opposizioni di dare vita a un governo di coalizione.

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