Venezuela, Guaidò: Italia faccia la cosa giusta. Di Maio: non riconosciamo Guaidò e Maduro

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(Foto: Getty Images)

L'autoproclamatosi capo del governo attacca il presidente e annuncia aiuti umanitari dall’estero. Poi replica al sottosegretario Di Stefano: "Nuova Libia? Impossibile. Roma faccia cosa giusta". Di Maio replica: "Non riconosciamo soggetti che non sono stati votati"

"Maduro ha perso il controllo del paese e la popolazione sta soffrendo. Ci sono 70 giovani assassinati in una settimana dal faes, le forze speciali di polizia, e 700 persone in carcere, 80 minorenni addirittura bambini". E' quanto denuncia Juan Guaidò (CHI È) sulla situazione in Venezuela. Un'accusa che rivolge a Nicolas Maduro (CHI È) e che grida a gran voce ai paesi che non intendono riconoscerlo come leader legittimo. In primis l'Italia. "Non siamo la Libia. Roma si informi" dice il presidente autoproclamato, rispondendo alle dichiarazioni del sottosegretario del M5S, Manlio Di Stefano, che ha avvertito sui rischi di fare in Venezuela gli stessi errori fatti in Libia.

 

Guaidò: l'Italia faccia la cosa giusta

"In Venezuela oggi non c'è il rischio di una seconda Libia. Non c'è questo rischio perché oggi il 90% dei venezuelani vuole il cambiamento", dice Guaidò. "Invitiamo l'Italia a fare la la cosa corretta perché i giorni qui si contano in vite che si perdono: in persone assassinate dal regime, uccise dalla fame o lungo il viaggio a piedi fino in Ecuador", ha ribadito, sottolineando l'importanza del riconoscimento ottenuto ieri, 31 gennaio, da parte del Parlamento europeo. Si rivolge poi ai rappresentanti politici italiani che non sostengono la sua causa:  "Questo denota un po' di scarsa conoscenza di quello che succede in Venezuela".

Di Maio: il cambiamento lo decidano i venezuelani

Un appello che il vicepremier Di Maio rispedisce al mittente: "Il cambiamento lo decidono i venezuelani: noi siamo dalla parte della pace e della democrazia quindi dobbiamo creare i presupposti per favorire nuove elezioni. L'Italia continua a perseguire la via diplomatica e di mediazione con tutti gli Stati per arrivare ad un processo che porti a nuove elezioni ma senza ultimatum e senza riconoscere soggetti che non sono stati eletti". Il vicepremier Luigi Di Maio ribadisce la posizione del M5s: "Visto che siamo già stati scottati dalle ingerenze in altri Stati non vogliamo arrivare al punto di riconoscere soggetti che non sono stati votati. Per questo non riconosciamo neppure Maduro".

Di diverso parere invece è la Lega: il sottosegretario Carroccio Guglielmo Picchi sostiene che il Carroccio "considera la presidenza Maduro terminata".

La sfida di Guaidò

Guaidó intanto deve affrontare in casa una situazione molto delicata: ieri ha denunciato che le forze speciali fedeli a Maduro sono entrate in casa sua, per cercare la moglie, costringendolo ad interrompere la presentazione del programma dell'opposizione. Ma l'autoproclamatosi capo dell'esecutivo non rinuncia a sfidare Maduro: in un’intervista all’agenzia di stampa Ap ha dichiarato di voler organizzare l'invio dall'estero di una grande quantità di aiuti umanitari, infrangendo così un divieto posto dal governo. Si tratterà di medicine che saranno messe a disposizione da Nazioni della regione. L

La risoluzione del Parlamento europeo

Ieri dall’Eurocamera è arrivato il primo formale sostegno europeo per Guaidò: gli europarlamentari hanno dato il via libera ad una risoluzione (439 sì, 104 no e 88 astensioni) in cui hanno esortato gli Stati membri a riconoscere il giovane leader fino a quando non saranno indette nuove elezioni presidenziali

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