Il presidente socialista: "Trump ha ordinato di uccidermi". Intanto il Tribunale supremo di giustizia ha deciso di imporre delle misure restrittive a Guaidò: congelati i suoi beni e divieto di lasciare il Paese. Mosca esorta l'opposizione a dialogare
"Non accettiamo ultimatum da parte di nessuno". A dirlo è Nicolas Maduro, che, se da un lato ribadisce la sua disponibilità a negoziare con l'opposizione, dall'altro respinge la richiesta da parte dei Paesi europei e degli Stati Uniti di convocare elezioni presidenziali anticipate in Venezuela. Il presidente socialista apre però alla possibilità di elezioni politiche anticipate come "soluzione attraverso il voto popolare". Mosca si dice pronta a partecipare a una eventuale mediazione internazionale nella crisi. "Accogliamo di buon grado - ha detto il ministro degli Esteri russo - la volontà del presidente venezuelano di accettare" una mediazione internazionale. "Chiediamo all'opposizione - ha proseguito il capo della diplomazia russa - di mostrare un approccio egualmente costruttivo, ritirare gli ultimatum e agire indipendentemente sotto la guida degli interessi del popolo venezuelano". Intanto il Tribunale supremo di giustizia venezuelano ha deciso di congelare i beni di Juan Guaidò, a cui è stato anche imposto il divieto di lasciare il Venezuela. Gli Stati Uniti, che hanno riconosciuto insieme ad altri Paesi il presidente auto-proclamato hanno minacciato - attraverso il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton - "serie conseguenze" per chiunque tenti di colpire il leader dell'opposizione.
Maduro: "Sì a elezioni politiche anticipate"
Maduro ha detto che "sarebbe ottimo che ci fossero elezioni anticipate per il Parlamento venezuelano, che sarebbe un modo di garantire che ci sia un dibattito politico e una soluzione con il voto popolare". "Io sarei favorevole ad anticiparle, attraverso un decreto dell'Assemblea Nazionale Costituente", ha aggiunto, "e che questo serva come valvola di sfogo per la tensione creata in Venezuela dal colpo di Stato imperialista". "Non accettiamo ultimatum da parte di nessuno, e non accettiamo i ricatti", ha poi ribadito, sostenendo che Trump "ha detto al governo colombiano e alle mafie della oligarchia colombiana di uccidermi". In un’intervista all'agenzia pubblica russa Ria Novosti, il presidente venezuelano si è invece detto "pronto a sedere al tavolo dei negoziati con l'opposizione, a parlare per il Venezuela, per la pace e il suo futuro”. Un’apertura che arriva nella giornata in cui l’opposizione intende manifestare per convincere l'esercito a voltare le spalle proprio al presidente socialista e riconoscere l'oppositore Guaidò.
Le due Assemblee
Dalle elezioni politiche del dicembre del 2015, l'opposizione controlla 109 seggi del Parlamento unicamerale, contro i 55 della coalizione chavista che fa capo a Maduro. Nel gennaio del 2016, però, il Tribunale Supremo di Giustizia ha dichiarato l'Assemblea in ribellione e ha dichiarato senza alcun valore le sue decisioni. L'Assemblea Nazionale Costituente, invece, conta con 545 membri, tutti appartenenti al chavismo, ed è stata eletta nel luglio del 2017, in un'elezione che è stata denunciata come irregolare dalla maggior parte dei paesi del continente americano, che hanno disconosciuto la legittimità dell'organismo e costituito il Gruppo di Lima, un mese dopo il voto.
Arrestati alcuni giornalisti
La tensione nel Paese, intanto, rimane alta. Il giornalista Rodrigo Pérez e il cameraman Gonzalo Barahona, inviati di '24 Horas' per la Televisión Nacional del Cile, sono stati arrestati da funzionari della sicurezza presidenziale mentre si trovavano nei pressi di Palacio de Miraflores, sede del governo e ufficio del presidente del Venezuela. I due si trovavano con alcuni colleghi venezuelani, ha comunicato Marco Ruiz, segretario generale del Sindacato venezuelano dei lavoratori della stampa: "Denunciamo l'arresto arbitrario di quattro operatori della comunicazione audiovisiva, tra loro due colleghi della Televisione nazionale del Cile che si trovavano in compagnia di due giornalisti venezuelani, Maiker Yriarte e Ana Rodríguez". Secondo Ruiz i giornalisti sono stati fermati alle 22 di ieri. Ieri l'allarme dell'Onu: almeno 40 persone sono morte durante le recenti proteste in Venezuela. Di queste, 26 sono state uccise da spari delle forze di sicurezza o di gruppi armati di appoggio. Il bilancio provvisorio degli scontri avvenuti tra il 21 e il 26 gennaio comprende anche 850 persone arrestate, tra cui 77 minori.