Venezuela, Onu: 40 morti e 850 arresti in una settimana

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Il bilancio di una settimana di scontri include anche 77 minori arrestati. Dopo che gli Usa hanno emanato sanzioni contro la compagna petrolifera statale venezuelana, sale la tensione fra americani e Russia

Almeno 40 persone sono morte durante le recenti proteste in Venezuela. Di queste, 26 sono state uccise da spari delle forze di sicurezza o di gruppi armati di appoggio. A renderlo noto è il portavoce dell'ufficio Onu per i diritti umani, Rupert Colville, precisando che anche un membro della Guardia bolivariana è stato ucciso nello Stato di Monaqas. Il bilancio provvisorio degli scontri avvenuti tra il 21 e il 26 gennaio comprende anche 850 persone arrestate, tra cui 77 minori. Circa 700 arresti sono avvenuti nella sola giornata del 23 gennaio, quando il presidente del Parlamento Juan Guaidò si è autoproclamato presidente ad interim. Si tratta del “numero più alto registrato in un solo giorno negli ultimi vent’anni”.  

L’Alto Commissario non visiterà il Paese

"Cinque persone presumibilmente sono morte nel corso delle perquisizioni illegali delle forze di sicurezza in quartieri umili", di solito nelle zone dove avevano avuto luogo manifestazioni, ha fatto sapere Colville. “Altri 11 sono morti in saccheggi avvenuti in parallelo alle proteste”. Il portavoce ha poi ricordato che l'Alto Commissario per i diritti umani dell’Onu, l'ex presidente del Cile Michelle Bachelet, è stata invitata diverse settimane fa a visitare il Venezuela, ma ha sottolineato che il Paese non offre le condizioni per un viaggio del genere. "Normalmente si farebbe una visita preliminare per assicurarsi che valga la pena e che il Commissario avrà libero accesso alle organizzazioni non governative, ma per ora non siamo vicini a questo punto", ha detto Colville. Il portavoce delle Nazioni Unite a Ginevra, Alessandra Vellucci, ha aggiunto durante la stessa conferenza stampa che l'Onu non riconosce ancora Guaidò come presidente del Venezuela: “Il Segretario Generale delle Nazioni Unite non ha l'autorità per fornire il riconoscimento ai leader", ma si è detto disponibile a fare da mediatore tra le parti. 

Usa contro Russia e Cina

Nel frattempo, è alta la tensione tra Usa e Russia sulla questione venezuelana. Gli Stati Uniti hanno annunciato nuove sanzioni contro la compagnia petrolifera statale del Venezuela, Pdvsa. Una mossa a cui Mosca ha risposto definendo le sanzioni “illegittime”. Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha infatti ricordato "l'atteggiamento coerente della Russia a tali restrizioni, alle quali i colleghi americani stanno cominciando a ricorrere sempre più spesso". Una condanna a cui si è unita anche la Cina: "Le sanzioni sul Venezuela porteranno a deteriorare le condizioni di vita della popolazione" e gli Usa "dovrebbero farsi carico delle responsabilità legate alle gravi conseguenze", ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Geng Shuang. In più, il suo omologo russo, Sergey Lavrov, è tornato ad accusare gli Usa e i suoi più stretti alleati di “perseguire apertamente una politica volta a rovesciare il governo legittimo”. 

La questione delle sanzioni

Il pacchetto di sanzioni americane assesta un duro colpo a Nicolas Maduro. Gli Usa, che sono il primo acquirente del greggio venezuelano, hanno congelato i fondi della società negli Stati Uniti (circa 6 miliardi di euro) e stimano una perdita di 11 miliardi di dollari per l'anno prossimo. Il segretario al Tesoro americano, Steve Mnuchin ha precisato che le sanzioni avranno effetto immediato e che ogni acquisto di petrolio venezuelano da parte di enti americani comporterà il blocco dei fondi. Maduro ha reagito definendo le sanzioni "illegali, unilaterali, immorali e criminali" e ha promesso non ben specificate "azioni legali" contro gli Stati Uniti. 

L’intervento militare

Ma oltre alle sanzioni, sulla questione venezuelana si è aperto un altro fronte. Durante la conferenza stampa per l’annuncio delle sanzioni contro Pdvsa, il consigliere per la sicurezza nazionale americano, John Bolton, è stato fotografato con un appunto in mano in cui si legge: “5.000 truppe in Colombia”. La nota lascerebbe intendere possibili piani militari americani contro il Venezuela. Fonti del Pentagono hanno smentito che sia imminente il dispiegamento dei soldati nel Paese limitrofo, ma un portavoce della Casa Bianca ha ribadito quanto affermato dall'advisor per la sicurezza nazionale di Trump, cioè che sul Venezuela "tutte le opzioni sono sul tavolo".

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