Libia, Onu: “C’è accordo per il cessate il fuoco”. Almeno 61 vittime

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Ad annunciare l’intesa un tweet dell’Unsmil. Negli scontri tra milizie a Tripoli hanno perso la vita almeno 21 civili. La situazione al centro di un vertice a Palazzo Chigi tra il premier Conte e ministri interessati. Francia: “Non siamo contro Italia, la sosteniamo”

In Libia, dopo una settimana di combattimenti nei sobborghi di Tripoli che ha provocato almeno 61 morti e oltre 150 feriti, “è stato raggiunto e firmato un accordo per il cessate il fuoco”. Ad annunciarlo è un tweet dell'Unsmil, la Missione di supporto delle Nazioni Unite in Libia. L’intesa, sotto l'egida dell'inviato dell'Onu per la Libia Ghassan Salamé, ha come obiettivi “porre fine a tutte le ostilità, proteggere i civili, salvaguardare la proprietà pubblica e privata e riaprire l'aeroporto di Mitiga”. L’accordo è arrivato alla fine di un’altra giornata di scontri fra milizie, durante la quale è stata anche incendiata l’ambasciata Usa a Tripoli. La situazione nel Paese è stata anche al centro di un incontro convocato dal premier Giuseppe Conte a Palazzo Chigi con alcuni ministri. E mentre Salvini si è dichiarato “disponibile a correre qualche rischio e a tornare presto in Libia”, Di Maio ha ribattuto: “Non vogliamo esportare democrazia con bombe e giustificare interventi militari”. Moavero ha descritto come "molto positivo" l'accordo raggiunto a Tripoli e ha espresso a Serraj il sostegno dell’Italia alle istituzioni libiche. Mentre la Francia ha assicurato: “Non siamo contro Italia, la sosteniamo”.

Raggiunto accordo per il cessate il fuoco

L'annuncio dell'Unsmil è arrivato dopo circa due ore dall'inizio della riunione convocata dalle stesse Nazioni Unite con  tutti i soggetti protagonisti dei recenti scontri a Tripoli: oltre a Salamé, erano presenti i rappresentanti delle Nazioni Unite, del consiglio presidenziale, del ministero dell'Interno, degli ufficiali e dei leader dei diversi gruppi armati "presenti a Tripoli e intorno a Tripoli". L’intesa, ha sottolineato l'Onu, “non punta a risolvere tutti i problemi della sicurezza della capitale della Libia: cerca un accordo quadro sul modo di iniziare ad affrontare tali questioni”. "Se tutte le parti daranno prova di un vero e totale rispetto del cessate il fuoco - si legge nell'accordo -, le Nazioni unite terranno un'altra riunione per esaminare i preparativi di sicurezza della capitale". L'incontro si é svolto a Zauia (Zawiya), città situata una quarantina di chilometri in linea d'aria a ovest di Tripoli.

Vertice a Palazzo Chigi

E della situazione in Libia si è parlato anche in Italia, nel vertice sul tema migranti tenuto a Palazzo Chigi dal premier Giuseppe Conte con il ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini, la titolare della Difesa Elisabetta Trenta e quello degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Il governo italiano continua a mettere a punto la Conferenza sulla Libia che si terrà in Italia a novembre e nell'incontro di oggi "sono stati definiti alcuni dettagli" sull'appuntamento, ha spiegato una nota. "Il governo - si legge ancora - resta estremamente concentrato nel seguire gli sviluppi in atto in Libia nell'auspicio di un superamento delle attuali tensioni. Più in generale, sul tema migranti, "la priorità dell'Italia resta quella di ottenere più fondi nel bilancio dell'Unione europea per gli interventi di sviluppo socio-economico dei Paesi da cui partono i migranti. L'obiettivo è creare le condizioni per ridurre le partenze".

Francia: “Non siamo contro Italia, la sosteniamo”

E all'Italia, dopo le critiche contro Parigi sul dossier libico mosse in primis da Salvini (ma anche dalla ministra della Difesa Elisabetta Trenta), è arrivato l'appoggio della Francia. "Gli sforzi della Francia non sono diretti contro nessuno, certamente non contro l'Italia, di cui sosteniamo l'iniziativa di organizzare una nuova conferenza su questo dossier importante per i due Paesi", ha fatto sapere il ministero degli Esteri francese. "L'iniziativa francese - ha aggiunto Parigi - va in sostegno agli sforzi delle Nazioni Unite per mantenere uno scenario di uscita dalla crisi politica".

Incendiata ambasciata americana chiusa a Tripoli

In attesa di scoprire se l'accordo per il cessate il fuoco a Tripoli reggerà, è di almeno 61 morti e 159 feriti il bilancio delle vittime degli scontri iniziati lo scorso 27 agosto tra le truppe legate al governo di unità nazionale, sostenuto dall'Onu, e quelle di milizie rivali (UN PAESE NEL CAOS: SCHEDA). A riferirlo è il ministero della Sanità libico citato dai media locali. Secondo la missione Onu, inoltre, sono almeno 21 i civili uccisi, tra cui anche donne e bambini. Oggi, inoltre, un incendio è divampato nell'ambasciata (notoriamente chiusa, ndr) degli Stati Uniti. Secondo alcune fonti, poi, centinaia di migranti africani sarebbero fuggiti da un centro di detenzione nei pressi dell'aeroporto di Tripoli, approfittando del caos di queste ore. In attesa "del ritorno della stabilità", il Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico del premier Fayez Al Sarraj ha "deciso la formazione di un comitato di crisi permanente" per "seguire gli sviluppi a Tripoli e mettere a punto le misure di sicurezza e amministrative necessarie".

Le violenze a Tripoli

Il 2 settembre scorso era già stato proclamato lo stato di emergenza in città. “Protagonista” dei nuovi scontri è stata la Settima Brigata di Tarhuna, la milizia legata al signore della guerra Salah Badi che si è resa autonoma dal Governo di Accordo Nazionale. La Brigata ha combattuto insieme alla milizia Al Kani contro quelle che, formalmente, sono unità dei ministeri dell'Interno e della Difesa del governo di Al-Serraj: le Brigate Rivoluzionarie di Tripoli, la Forza speciale di Dissuasione (RADA), la Brigata Abu Selim e la Brigada Nawassi, che ricevono finanziamenti dall'Ue.

Tajani sulla Libia: "Gli stati Ue rinuncino alle agende nazionali"

Sulla questione libica, intanto, è intervenuto su Twitter anche il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani: "Il Parlamento europeo deve far sentire la sua voce sulla crisi in Libia nella prossima plenaria. Solo agendo uniti possiamo lavorare per la pace e la stabilità. Gli Stati Membri devono smettere di promuovere le proprie agende nazionali, danneggiando tutti i cittadini europei".

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