Sempre più ricchi, sempre più poveri

Mondo

Giovanna Pancheri

Jerome Powell, Presidente della Federal Reserve
powell

Mentre gli indicatori dell'economia americana continuano a battere record su record, nel paese, come recentemente certificato dalle Nazioni Unite aumentano le disuguaglianze e il divario tra ricchi e poveri.

Il paziente sta bene anzi benissimo. Non ha nascosto l'entusiasmo il Presidente della Federal Reserve Jerome Powell parlando di fronte al congresso dello stato di salute dell'economia americana. La crescita è solida ha spiegato Powell e nel secondo trimestre si attendono risultati più importanti sul Pil rispetto al timido +2% registrato nei primi tre mesi dell'anno. Un trend positivo che si conferma anche sul fronte dell'occupazione con 215mila posti di lavoro creati solo quest'anno e un tasso di disoccupazione che scende al 4% anche se in realtà quest'ultimo indicatore va preso con le pinze dato che non tiene in considerazione nel computo tutta quella parte di popolazione inattiva che non ha mai lavorato e non cerca lavoro. Il tasso di inattività stando ai numeri dell'OCSE è aumentato leggermente nel secondo quarto del 2018 e attualmente sono più di 86 milioni negli Usa le persone tra i 15 e i 64 anni che non hanno alcun tipo di reddito da lavoro.

Ad aumentare in questi anni e in modo costante è stato invece il numero dei multimilionari. "Nel 2016 l'1% della popolazione deteneva il 38,6% di tutta la ricchezza del paese" e ad oggi più del 25% degli oltre 2000 miliardari del mondo vivono negli Stati Uniti. Questi alcuni dei dati che emergono dal recente Rapporto delle Nazioni Unite sulla povertà estrema negli Stati Uniti.  Presentato lo scorso 21 giugno al Consiglio per i diritti umani dell'ONU, il rapporto redatto da Philip Alston, inviato speciale del Palazzo di vetro sulla povertà estrema e i diritti umani analizza in 20 pagine varie aspetti: dalle differenze salariali, al razzismo, passando per il diritto di voto, la criminalità, la sanità e i minori che vivono in condizioni di indigenza e il quadro che ne esce è impietoso. Secondo Alston gli Stati Uniti erano e restano il paese occidentale con le disuguaglianze più importanti tra ricchi e poveri. Con 40 milioni di americani che vivono in povertà, 18,5 milioni in estrema povertà, e 5,4 milioni ai livelli di un paese del terzo mondo. Ad inquietare sono anche i numeri sui minori, basti pensare che i bambini sono il 21% di tutti i senza tetto degli USA. Una situazione destinata, fra l'altro a peggiorare dato che secondo Alston le politiche adottate dall'amministrazione Trump non aiutano a partire dalla riforma fiscale che favorisce i più ricchi aumentando le disuguaglianze.

Dati contestati dalla Casa Bianca, con la rappresentante degli Stati Uniti all'Onu Nikky Haley che ha definito il rapporto politicizzato sostenendo che il Palazzo di vetro dovrebbe occuparsi dei paesi dove c'è la vera povertà come il Congo invece di preoccuparsi degli Stati Uniti. Eppure questa povertà appare evidente in tutta la sua ferocia sia nelle grandi città sia soprattutto nella periferia, in quell'America profonda descritta con violenza e precisione in libri recenti come "Elegia americana" di J.D. Vance o "Sfrattati. Miserie e profitti nelle città americane" di Matthew Desmond che fotografano un degrado che io stessa ho potuto vedere girando per il paese tra i senza tetto della ricca California, passando per i neri costretti ad abbandonare le loro case a Detroit per lasciare spazio alla ripresa della città o per il villaggio dell'Indiana che sta affrontando un epidemia di Aids fino alle montagne e alle miniere ormai vuote del Kentucky dove mi trovavo circa un anno fa a guardare con occhi stupiti, gli occhi di chi è cresciuto sotto l'ombrello protettivo di un sistema di Welfare europeo, i segni anche fisici che può lasciare la povertà sui volti e sui corpi delle persone.

 

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