Dieselgate, dallo scoppio dello scandalo nel 2015 ad oggi: le tappe

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Foto d'archivio: Getty Images

La bufera ha avuto inizio negli Usa quando l'Epa, l'Agenzia americana per la protezione ambientale, ha scoperto l'uso di software che modificavano i dati sulle emissioni delle auto. Tra le case automobilistiche più coinvolte le tedesche Volkswagen e Audi

Il Dieselgate, o scandalo emissioni, consiste nella scoperta della falsificazione delle emissioni di vetture munite di motore diesel vendute negli Stati Uniti e in Europa consentendo così alle auto di emettere sostanze inquinanti superiori ai limiti imposti per legge. La manipolazione avveniva attraverso un software. La bufera è scoppiata nel settembre 2015 e non si è ancora conclusa, come dimostra l'accusa di frode e di violazione delle leggi sulla concorrenza che ha colpito, ad aprile del 2019, l'ex Ceo di Volskwagen Martin Winterkorn. Ecco quali sono state le tappe della vicenda.

L'inizio del Dieselgate nel 2015

Il "Dieselgate" scoppia ufficialmente il 18 settembre del 2015, quando l'Agenzia statunitense per la protezione ambientale (United States environmental protection agency, Epa) comunica che il gruppo Volkswagen ha illegalmente installato un software di manipolazione per aggirare le normative ambientali sulle emissioni di ossidi di azoto (NOx) e di inquinamento da gasolio. Il governo degli Stati Uniti ordina quindi di riprogrammare quasi 500mila vetture con quattro cilindri TDI diesel. Nei giorni immediatamente successivi il titolo della Volkswagen ha pesanti perdite e l'amministratore delegato Martin Winterkorn, dopo essersi scusato, rassegna le dimissioni il 23 settembre. Il suo posto è preso da Matthias Mueller, già alla guida di Porsche. Il giorno prima dell'avvicendamento, la casa tedesca dichiara che i veicoli con "defeat device" sono 11 milioni in tutto il mondo.

L'arresto del dirigente di Volkswagen 

Il 7 gennaio 2017 viene arrestato in Florida Oliver Schmidt, dirigente per Volkswagen negli Usa, con l'accusa di frode in relazione alla vicenda. Tre giorni dopo, il 10 gennaio, Volkswagen comunica che pagherà 4,3 miliardi di dollari per chiudere la vertenza per lo scandalo che ha prodotto gravi ripercussioni alle vendite della casa tedesca nel corso del 2016. La cifra tirata fuori dall’azienda di Wolfsburg si aggiunge ai 15 miliardi di dollari con cui, a giugno del 2016, la casa tedesca aveva chiuso le class action istituite negli Stati Uniti, portando il totale a sfiorare i 20 miliardi di dollari, l’equivalente di oltre 18 miliardi di euro.

L'arresto dell'ex manager Audi 

A luglio 2017, Giovanni Pamio, ex manager di Audi, azienda automobilistica controllata dal gruppo Volkswagen, viene accusato negli Stati Uniti di associazione a delinquere in truffa e violazione delle leggi ambientali. Il manager, di origini italiane, viene arrestato in Germania per truffa e pubblicità ingannevole.

La prima condanna e le indagini sulle altre case automobilistiche

Il 26 agosto 2017, James Robert Liang, ex ingegnere di Volkswagen, di origini indonesiane, viene condannato a 40 mesi di carcere negli Stati Uniti, più una multa di 20mila dollari. Il pubblico ministero aveva chiesto per lui tre anni. Il giudice è andato oltre la richiesta. A gennaio 2017 dagli Stati Uniti lo scandalo si allarga oltre Volkswagen. Sospetti coinvolgono auto prodotte da Fca e Renault, sulle quali è avviata un’indagine.

Si muove l'Antitrust Ue

A luglio 2017, il Dieselgate irrompe in Europa. L'Antitrust dell’Ue inizia le indagini su un possibile cartello tra Volkswagen, Daimler, BMW, Audi e Porsche. Quest'ultima, però, si oppone, in quanto i modelli sotto accusa utilizzavano motorizzazioni Audi. Questo porta Porsche alla richiesta di 200 milioni di risarcimento da Audi. Il 12 giugno 2018 il Ministero dei trasporti tedesco ordina il ritiro immediato in Europa di 774mila veicoli diesel Daimler, di cui 238mila solo in Germania. Il provvedimento riguarda furgoni Mercedes Vito e auto classe GLC e C. In precedenza Audi aveva richiamato 127mila veicoli dopo che l'autorità nazionale dei trasporti, la KBA, aveva dichiarato non conformi i software di controllo delle emissioni dei modelli diesel Euro 6.

Il fermo dell'ad di Audi 

Il 18 giugno del 2018, la polizia tedesca ferma l’amministratore delegato di Audi, Rupert Stadler. L’ad è accusato di frode, dichiarazioni false e omissioni.

Coinvolta anche Opel

A ottobre 2018, è il turno di Opel, marchio che fa capo al gruppo francese PSA. La motorizzazione civile tedesca chiede il ritiro di 95mila auto coinvolte nella manipolazione dolosa del software che regola l'emissione dei gas di scarico in tutta Europa: si tratta dei modelli euro 6 Zafira, Cascada e Insignia. 

Le accuse contro l'ex Ceo di Volkswagen

Il 15 aprile 2019, l'ex amministratore delegato della Volkswagen, Martin Winterkorn, viene accusato di frode e violazione delle leggi sulla concorrenza. Secondo il pubblico ministero, non ha rivelato "alle autorità e ai clienti in Europa e negli Stati Uniti le manipolazioni illegali dei motori diesel, nonostante ne fosse venuto a conoscenza".

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