Catalogna al voto: ecco quello che c’è da sapere

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Gianluca Maggiacomo

Alcune delle liste che si presentano alle elezioni in Catalogna (Getty)

Oggi la comunità autonoma rinnova il parlamento dopo il referendum dell’1 ottobre e dopo la fine anticipata della precedente legislatura. Si vota dalle 9 alle 20. Le liste principali sono 7 e altrettanti i candidati che aspirano alla presidenza

Il 21 dicembre la Catalogna elegge il suo nuovo Parlamento. La precedente legislatura, che era iniziata a settembre del 2015, è stata interrotta per volontà del governo centrale di Madrid dopo la vittoria dei sì al referendum - che si è celebrato il primo ottobre scorso - sull’indipendenza della regione e, soprattutto, dopo la proclamazione unilaterale della Repubblica. Adesso, a oltre due mesi da quella consultazione, mai riconosciuta dal governo di Mariano Rajoy, Barcellona torna alle urne per votare i propri rappresentanti alla Generalitat de Catalunya. A sfidarsi, 7 liste principali e altrettanti candidati che aspirano alla presidenza.

Quando e come si vota

In Catalogna si vota dalle 9 alle 20 del 21 dicembre 2017. Gli elettori chiamati alle urne nei 2.680 seggi sparsi per la regione sono 5,5 milioni. La consultazione è stata indetta dal primo ministro spagnolo, Rajoy, il 27 ottobre 2017 dopo una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri. In quell’occasione il premier aveva annunciato, applicando l’articolo 155 della Costituzione spagnola che dà la possibilità allo Stato di costringere una Comunità autonoma a rispettare la legge, lo scioglimento del Parlamento della Generalitat. Parlamento che, dopo il voto del referendum del primo ottobre, aveva dichiarato l’indipendenza da Madrid e la proclamazione della Repubblica. L'Assemblea catalana è formata da 135 seggi: 85 vengono eletti nella provincia di Barcellona, 18 in quella di Terragona, 17 a Girona e 15 a Lleida. Il sistema elettorale è basato su liste singole e c’è uno sbarramento al 3 per cento. I seggi sono assegnati per ognuna delle quattro province in misura proporzionale ai risultati ottenuti da ciascuna lista a livello regionale.

Dal referendum al voto del 21 dicembre

Il voto anticipato è un effetto di ciò che è accaduto in Catalogna negli ultimi due mesi e mezzo. L’1 ottobre si è tenuto il referendum sull’indipendenza della regione: convocato dal governo dell’ex presidente Carles Puigdemont e sostenuto dalla maggioranza del Parlamento catalano, è stato ritenuto illegale dal governo e dalla magistratura spagnola. La sera stessa Piugdemont ha annunciato la vittoria del Sì, dando inizio alla fase più acuta della crisi con il governo spagnolo. Il 27 ottobre il Parlamento catalano ha approvato la dichiarazione unilaterale d’indipendenza. Lo stesso giorno, come detto, il governo spagnolo guidato da Rajoy ha sciolto il Parlamento catalano, ha rimosso dai loro incarichi Puigdemont e i suoi ministri e ha convocato elezioni anticipate per il 21 dicembre.

I partiti 

Alle elezioni per il rinnovo del Parlamento catalano sono state ammesse 38 liste, 7 quelle principali. Al loro interno 18 candidati sono formalmente incriminati dalla giustizia spagnola per "ribellione" (rischiano fino a 30 anni), 3 sono tuttora in carcere. Tra le maggiori formazioni c'è Sinistra Repubblicana di Catalogna (ERC)-Catalunya sí, partito da sempre sostenitore dell'indipendenza. Ciutadans-Partito della Cittadinanza è invece una formazione anti-secessionista, al punto che la sua leader, Ines Arrimadas, ha invocato la formazione di un "blocco costituzionalista" contro coloro che vogliono staccarsi da Madrid. Il Partit dels Socialistes de Catalunya (PSC-PSOE), che non gode di grandi consensi, è storicamente a favore dell'autonomia ma contrario alla secessione della regione. Junts per Catalunya è il partito di Piugdemont ed è pro-indipendenza. Catalunya en Comú-Podem, invece, è il braccio catalano di Podemos e ha un'ispirazione movimentista. La sua aspirazione è creare un governo di sinistra. Il Partit Popular/Partido Popular, quello del premier Rajoy, è una delle formazioni catalane che più si è battuta per evitare il divorzio da Madrid. Contrariamente a Candidatura D’Unitat Popular, schieramento di sinistra radicale, anti-capitalista e fautore dell'indipendenza a tutti i costi.

I candidati

Alla carica di presidente della Generalitat aspirano 7 candidati. Tra loro, ovviamente, Carles Puidgement, 55 anni il prossimo 29 dicembre, leader di Junts per Catalunya. Si trova attualmente in Belgio, dove si è auto-esiliato dopo esser stato destituito da Madrid dal ruolo di presidente della Comunità autonoma e dopo l’incriminazione per sedizione e ribellione. E' da sempre un fautore dell'indipendentismo catalano. Poi c’è Oriol Junqueras, 48 anni, ex vice-presidente della Generalitat, è leader di Esquerra Repubblicana de Catalunya ed è in carcere con l’accusa di ribellione dopo la proclamazione dell’indipendenza della regione. Altro candidato è Carles Riera. Sociaologo, 57 anni, è il leader del partito Candidatura d’Unitat Popular (CUT), formazione di sinistra radicale. Quarto candidato è Xavier Domenech di Catalunya en come Podem. Ha 43 anni ed è vicino a Podemos, partito di Pablo Iglesias. Miguel Iceta, invece, è il candidato del Partit dels Socialistes de Catalunya. Il Partido Popular de Catalunya, propone Xavier Garcia Albiol, 50 anni, molto vicino al premier spagnolo Mariano Rajoy. Mentre la 36enne Ines Arrimadas è la candidata di Ciutadans.

Chi formerà il prossimo governo catalano?

Secondo il sistema elettorale catalano, le urne non eleggono il presidente della Generalitat ma solo i membri del Parlamento. Poi, in base a questi risultati, si forma il governo della Comunità e si decide chi lo guiderà. In molti prevedono forte incertezza e non sono pochi coloro che parlano del rischio ingovernabilità. Secondo un'analisi dell’Istituto Cattaneo, storicamente “le maggioranze di governo in Catalogna sono state formate o da un singolo partito, soprattutto nel periodo tra il 1988 e il 1999, oppure da coalizioni partitiche in alcuni casi trasversali o politicamente più omogenee come quelle di centrosinistra. Per ben 6 casi su 11, gli esecutivi catalani (compreso quello di Puigdemont) hanno potuto far affidamento su una maggioranza parlamentare 'fabbricata' dal sistema elettorale. Infine”, fa notare l’Istituto Cattaneo, “va segnalato che, con due sole eccezioni, ossia i governi a guida socialista di Maragall e Montilla, il capo dell’esecutivo catalano è sempre stato espressione del partito che ha ottenuto il maggior numero di seggi in Parlamento".

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