La decisione dell’agenzia antidoping mondiale sul caso esploso nel 2015. Uno degli investigatori racconta della reticenza di Mosca a collaborare e della prassi di distruggere i campioni di urine contaminate che potrebbero essere decisivi per l’incriminazione
L'agenzia antidoping mondiale, la Wada, ha deciso di assolvere 95 dei primi 96 atleti esaminati nell'ambito dell’indagine sul sistematico programma statale russo di doping, emerso nel novembre del 2015. Una decisione destinata a suscitare polemiche, con l'interrogativo se sia prevalsa l'efficacia del sistema russo nel distruggere le prove o l'approccio troppo leggero degli investigatori.
“Prove insufficienti”
La notizia arriva dal New York Times, che cita un rapporto interno dell'agenzia dove il direttore generale Olivier Niggli scrive che “le prove disponibili sono insufficienti”. Inoltre Richard McLaren, l'investigatore che ha passato gran parte degli ultimi due anni ad analizzare gli schemi del sistema russo identificando circa mille atleti coinvolti, ha indicato che molti casi saranno difficili da perseguire per la carenza di cooperazione da parte di Mosca nel fornire i dati di laboratorio e la prassi di distruggere i campioni di urine contaminate, utili per l'incriminazione.
I dubbi
Alcuni dubbi emergono anche dal fatto che nessuno dei dirigenti della Wada abbia chiesto di sentire la gola profonda dell'inchiesta, il dottore Grigory Rodchenkov, l'ex direttore del laboratorio antidoping russo, che ora vive sotto protezione in Usa.