Israele, la Corte suprema contro i matrimoni gay

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La parata del Gay Pride a Gerusalemme lo scorso 3 agosto 2017 (foto: Getty Images)
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Respinta una petizione avanzata dei movimenti per i diritti degli omosessuali israeliani: al momento non ci sarebbe contraddizione nell’attuale posizione dello Stato sulla materia

In Israele non si celebreranno matrimoni fra persone dello stesso sesso. Lo ha stabilito la Corte Suprema, che ha respinto una petizione avanzata dai movimenti gay per il riconoscimento di questo diritto. La Corte ha rigettato la tesi secondo la quale il divieto sarebbe in contrasto con la Legge fondamentale dello Stato, aggiungendo inoltre che, un'eventuale approvazione spetterebbe all'organo legislativo del Paese e non a un tribunale giudiziario.

Le motivazioni della Corte suprema

Nel suo verdetto la Corte suprema ha sottolineato che, siccome la legge israeliana riconosce nei tribunali rabbinici l’unica autorità per quanto riguarda il matrimonio ebraico nel Paese, il ricorso presentato dai movimenti gay sarebbe errato alla base. La Corte suprema è, infatti, una corte civile e non rabbinica. I firmatari della petizione contro il divieto dei matrimoni tra persone dello stesso sesso chiedevano che questo diritto fosse riconosciuto attraverso la legge. Per quanto riguarda, invece, matrimoni non condotti secondo la legge religiosa, la Corte si era già espressa in passato, sostenendo che sarebbe stato meglio fosse il Legislatore ad occuparsi della questione. La Corte si è detta consapevole della tendenza a riconoscere i matrimoni gay nel mondo occidentale e che, in alcuni paesi come gli Stati Uniti, questo passo è stato compiuto proprio attraverso una decisione della Corte Suprema. Tuttavia, si evidenzia nella maggior parte degli Stati, tra cui Canada, Francia, Spagna, Nuova Zelanda e Svezia, il riconoscimento di questo diritto è avvenuto tramite l'azione del Parlamento.

La reazione al verdetto

Non si è fatta attendere la reazione al verdetto della Corte. La presidente dell’associazione Lgbt israeliana, Chen Arieli, parlando al "Jerusalem Post", si è detta "triste per il fatto che la Corte suprema abbia deciso di consegnare un caso così importante al Legislatore e renderlo così politico". Secondo la presidente, la storia della lotta Lgbt in Israele mostra l’importanza della giurisprudenza e "noi non possiamo fare altro che scusarci per questa decisione". Secondo la Arieli, però, il verdetto lascerebbe ancora dei margini. "È importante leggere tra le righe del verdetto dei giudici e vedere il messaggio che indica inequivocabilmente la discriminazione e l’ingiustizia della situazione attuale". Gli attivisti per i diritti degli omosessuali, ha aggiunto ancora la Arieli, concentreranno ora i loro sforzi nella sensibilizzazione dei politici rispetto alla questione del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

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