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Rilasciate le Pussy Riot arrestate in Siberia

Mondo

Una delle due ragazze fermate è Maria Alekhina, condannata nel 2012 per teppismo religioso. Insieme a una collega ha manifestato per la liberazione del regista ucraino Oleg Semtsov. Per il cineasta si erano mobilitati anche colleghi del calibro di Almodovar

Le Pussy Riot sono tornate. E sono state nuovamente arrestate, questa volta in Siberia. Dopo anni di silenzio e azioni non eclatanti, il gruppo femminista di protesta anti-Putin – condannato ai lavori forzati nel 2012 per teppismo a sfondo religioso -  ha inscenato una nuova manifestazione non autorizzata questa volta per chiedere la liberazione del regista ucraino Oleg Sentsov. Una delle due ragazze arrestate è Maria Alekhina, la Pussy Riot arrestata per la performance considerata blasfema nella cattedrale di Cristo Redentore a Mosca e rilasciata dopo 1 anno, nel 2013, grazie a un’amnistia concessa dalla Duma.

Arrestate due Pussy Riot

Le ragazze del collettivo di protesta hanno indossato i passamontagna colorati – simbolo delle loro azioni – hanno raggiunto la città di Iakutsk, in Siberia nordorientale, e una volta sul ponte che sovrasta il lago Saysary hanno issato un enorme striscione con la scritta "Free Sentsov" in rosso e poi hanno acceso un fumogeno rosso e uno blu.

Alekhina su Facebook

E' la stessa Alekhina a spiegare su Facebook i motivi della protesta: "I casi Sentsov e Kolcenko (altro regista condannato a 10 anni) sono tra le principlai questioni politiche del nostro Paese".

Oleg libero

“Oleg libero” chiedono le Pussy Riot. Ma non sono le uniche ad essersi mobilitate per il regista. Sentsov è stato infatti condannato a 20 anni di reclusione in un controverso processo che lo ha visto accusato di aver cercato di organizzare "atti di terrorismo" nella sua Crimea un paio di mesi dopo l'annessione della penisola da parte di Mosca. Kiev lo considera "prigioniero politico" delle autorità russe.
La sua vicenda ha scosso il mondo del cinema e ha visto registi di fama mondiale come Pedro Almodovar, Mike Leigh e Stephen Daldry, ma anche Nikita Mikhalkov - pur considerato vicino al Cremlino - prendere le difese del collega ucraino. 

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