Chernobyl: Ucraina e Bielorussia ricordano il disastro

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Il presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko, ha dichiarato che: "sia i bielorussi sia gli ucraini sanno che la catastrofe di Chernobyl non conosce frontiere" (Getty Images)
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Nel trentunesimo anniversario del disastro che provocò l’esplosione del reattore numero 4, i due capi di Stato hanno partecipato a una commemorazione nella zona della centrale atomica. Ancora oggi non si sa con certezza il numero delle vittime delle radiazioni

Trentuno anni dopo il disastro nucleare, Chernobyl è ancora "una ferita aperta". Lo ha dichiarato il presidente ucraino, Petro Poroshenko, durante le commemorazioni che si sono tenute il 26 aprile nella zona della centrale atomica, che sorgeva in una città dell'Ucraina settentrionale (allora Urss), situata circa 100 chilometri a nord della capitale Kiev. Alla celebrazione ha partecipato anche il presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko, il quale ha sottolineato come "sia i bielorussi sia gli ucraini sanno che la catastrofe di Chernobyl non conosce frontiere". La centrale sorgeva a pochi chilometri dal confine tra i due Paesi.

L’incidente

Il disastro fu causato dall’esplosione, all'1.23 del 26 aprile 1986, del reattore numero 4 dello stabilimento nucleare V.I. Lenin. L’incidente, secondo le indagini successive, fu provocato dalla violazione di numerose norme di sicurezza avvenute durante un test. Il mancato rispetto delle direttive causò l’improvviso aumento della potenza del nocciolo del reattore. Il calore eccessivo innescò a sua volta un incendio e una nube che sprigionarono nell'atmosfera 9 tonnellate di scorie radioattive. Nelle ore immediatamente successive all’incidente circa 3.600 persone furono evacuate e gli abitanti delle cittadine nelle vicinanze dello stabilimento vennero invitati ad abbandonare le proprie case a scopo precauzionale. Nessuno di loro ha mai fatto ritorno nelle loro cittadine. I lavori per cercare di limitare i danni durarono 4 anni e coinvolsero centinaia di migliaia di uomini e donne, militari e civili, i cosiddetti "liquidatori", che sprovvisti di un’adeguata protezione, lavorarono all’interno della centrale. Non si sa esattamente quanti di loro siano ancora vivi, ma oltre il 90% dei sopravvissuti ha contratto malattie direttamente riconducibili alle radiazioni come: cancro alla tiroide, cardiopatie, complicazioni all'apparato digerente e respiratorio.

Le conseguenze

Nei giorni successivi all’incidente anche in Italia venne alzato il livello di allerta e ai cittadini fu intimato di non esporsi al sole o di evitare di mangiare frutta e verdura non lavata. Ovviamente le popolazioni più colpite dal disastro furono quelle che si trovavano nel raggio di poche centinaia di chilometri dalla centrale, anche se non ci sono ancora pareri concordi su quanto lontane siano arrivate le radiazioni. Anche per questa ragione non si sa con certezza il numero delle vittime causate dall’esplosione del reattore numero 4. Secondo un rapporto del Chernobyl Forum, redatto da alcune agenzie dell’Onu, i morti accertati sarebbero 65 e più di 4mila i casi di tumore della tiroide fra le persone che avevano fra 0 e 18 anni al tempo del disastro. Tuttavia Greenpeace, e diverse associazioni ambientaliste, sostengono che la cifra possa essere molto più alta arrivando ad ipotizzare che le morti potenzialmente collegate possano essere addirittura quasi centomila.

Un nuovo scudo

Il disastro nucleare di Chernobyl, insieme all’incidente avvenuto nella centrale di Fukushima Dai-ichi nel marzo 2011, è stato classificato come "catastrofico" perché di livello 7, il massimo della scala Ines dell’International atomic energy agency. Lo scorso novembre per limitare gli effetti dannosi che a trentuno anni di distanza continuano a mettere a repentaglio la vita degli abitanti delle vicinanze - soprattutto attraverso il contagio del cibo - è stato costruito uno scudo protettivo di acciaio (New Safe Confinement), posizionato attorno al reattore numero 4.  La struttura ha il compito di isolare l’impianto nucleare danneggiato, consentendo in sicurezza i lavori di smantellamento.

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